Cronaca

La strage di Paderno Dugnano, il massacro con 68 coltellate: “Ho deciso di non fermarmi”

Il giovane di 17 anni accusato del triplice omicidio della sua famiglia a Paderno Dugnano, ha confessato davanti ai magistrati i dettagli agghiaccianti della tragica notte. Durante l’interrogatorio, il ragazzo ha descritto le fasi dell’omicidio, iniziato con una “esplosione” di violenza che lo ha portato a infliggere 68 coltellate complessive, prevalentemente nella zona del collo. Le vittime, la madre Daniela, il padre Fabio e il fratellino Lorenzo, sono state uccise con una ferocia che ha lasciato sgomenti gli inquirenti.

La confessione

Secondo il racconto del ragazzo, il piano era premeditato: aveva già pensato di uccidere la famiglia il giorno precedente, ma aveva esitato, non sentendosi pronto. La notte dell’omicidio, dopo aver atteso che tutti fossero andati a letto, ha preso un coltello dalla cucina e ha iniziato a colpire, non riuscendo a fermarsi. “Pensavo che uccidendoli avrei potuto vivere in un mondo libero, lontano dalla mia famiglia”, ha dichiarato durante l’interrogatorio.

Inizialmente, il 17enne aveva tentato di costruire una versione dei fatti che lo avrebbe dipinto come un figlio che reagiva a un attacco del padre. Aveva infatti raccontato ai carabinieri e al personale del 118 di aver ucciso il padre dopo che quest’ultimo aveva aggredito la madre e il fratellino. Tuttavia, la scena del crimine e le contraddizioni nel suo racconto hanno portato gli investigatori a scoprire la verità.

La dinamica del massacro

Il tragico evento si è consumato dopo una serata apparentemente tranquilla, durante la quale la famiglia aveva festeggiato il 51° compleanno del padre Fabio. “Io e mio fratello eravamo in camera con degli amici, stavamo giocando alla playstation” ha raccontato il 17enne. Dopo che gli ospiti se ne sono andati, il giovane ha atteso che la casa si addormentasse prima di mettere in atto il suo piano omicida. La premeditazione è stata uno degli aspetti chiave dell’inchiesta, anche se il difensore del giovane, l’avvocato Amedeo Rizza, ha contestato questa tesi, affermando che il ragazzo era in preda a un profondo malessere e che non aveva realmente premeditato il delitto.

Durante un secondo interrogatorio, il 17enne ha ridimensionato le sue precedenti dichiarazioni, sostenendo che non aveva mai pensato di uccidere i suoi familiari, ma che stava cercando una via d’uscita dal suo malessere. Ha anche parlato del suo desiderio di andare in Ucraina, non per commettere violenze, ma per comprendere la sofferenza delle persone che vivono in quelle terre. Ora, mentre si trova al Cpa del Beccaria, è seguito da educatori e psicologi, leggendo libri presi dalla biblioteca del carcere. L’unica richiesta che ha fatto finora è stata quella di poter vedere i suoi nonni, una richiesta che rispecchia il suo stato di pentimento e consapevolezza delle conseguenze irreparabili delle sue azioni.

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Filippo Limoncelli