La tregua di Gaza fra Israele e Hamas andrà in vigore dal mezzogiorno di domenica 19, il giorno prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Non è ancora certo che la tregua reggerà nei prossimi giorni e settimane e ancora più nebuloso è come sarà il futuro governo di Gaza. Gli israeliani parlano di una nuova struttura senza precisare, la Autorità palestinese ha messo le mani avanti, rivendicando il ruolo.
L’accettazione dell’accordo da parte di Israele non sarà ufficiale finché non sarà approvato dal governo e dal gabinetto di sicurezza del Paese, con votazioni previste per giovedì.
Nell’attesa, Israele ha continuato a bombardare Gaza, provocando altre 20 morti, che vanno ad aggiungersi ai 46 mila caduti nei mesi dal 7 ottobre 2023.
Il cessate il fuoco porrà fine ai combattimenti che hanno raso al suolo gran parte della densamente urbanizzata Gaza e costretto allo sfollamento di gran parte della piccola enclave che prima della guerra contava 2,3 milioni di abitanti.
L’accordo, cui hanno dato impulso e garanzia anche Egitto e Qatar, è frutto dello sforzo diplomatico del segretario di Stato americano Antony Blinken, ma varie fonti di Washington confermano che anche il team di Trump, destinato a rendere in mano la politica estera degli USA, ha collaborato nelle ultime ore contribuendo al raggiungimento della intesa. E subito il neo presidente ci ha messo il cappello sopra, attribuendosi il merito, in un post sui social media: l’accordo “è avvenuto solo in seguito alla nostra storica vittoria di novembre”.
Così l’accordo, forgiato con un notevole coinvolgimento dell’inviato in Medio Oriente del signor Trump, Steve Witkoff, ha permesso a Trump di iniziare il suo mandato con un problema in meno, rimuovendo, almeno così sperano tutti, uno dei conflitti internazionali più irritanti che aleggiavano all’inizio del suo secondo mandato e ha dato a Trump, che durante i suoi giorni da sviluppatore immobiliare a New York City era noto come un “uomo degli accordi”, qualcosa per cui rivendicare il merito di una vittoria anticipata, anche se avvenuta prima che entrasse in carica.
L’accordo si articola in più fasi, con un cessate il fuoco iniziale di sei settimane in cui dovrebbe avvenire il graduale ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza. Gli ostaggi presi dal gruppo militante Hamas, che controlla Gaza, verrebbero liberati in cambio di prigionieri palestinesi detenuti da Israele.
Entro la fine della prima fase, è previsto che le truppe israeliane abbandonino la rotta nota come corridoio Netzarim che separa il nord della striscia dal sud e che lascino il confine di Gaza con l’Egitto entro 50 giorni.
Ai residenti di Gaza sarà consentito di tornare a ciò che resta delle loro case, comprese le centinaia di migliaia di palestinesi sfollati da nord a sud di Gaza durante la guerra. Una società di sicurezza privata gestirà i posti di blocco che vanno da sud a nord per impedire che i militanti possano tornare a Gaza settentrionale, da cui Hamas ha lanciato gran parte del suo attacco del 7 ottobre 2023.
Per Israele, un punto chiave ottenuto con l’accordo di tregua è il ritorno di 33 ostaggi ancora detenuti da Hamas, tra cui bambini, donne civili, donne soldato, over 50 e feriti. Non è ancora chiaro quante persone che soddisfano questo criterio siano ancora in vita, sebbene un funzionario israeliano abbia affermato questa settimana che “molte di loro, la maggior parte di loro” erano ancora vive.
In base all’accordo, sette ostaggi (5 donne soldato e 2 americani, Keith Siegel and Sagie Dekel-Chen) dovrebbero essere rilasciati domenica, seguiti da almeno altri tre prigionieri ogni sette giorni. Per ogni ostaggio liberato, Israele si è impegnato a rilasciare 30 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, con un numero che aumenterà a 50 detenuti palestinesi per ogni soldatessa israeliana.
Durante questa fase, Israele procederà alla liberazione dei cittadini di Gaza detenuti durante la guerra, ma non implicati nell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Saranno rilasciati anche più di 100 palestinesi che stanno scontando l’ergastolo per accuse di omicidio e terrorismo, alcuni dei quali saranno esiliati in paesi terzi. Si prevede che tra 1.000 e 1.650 palestinesi saranno liberati durante questa fase dell’accordo, a seconda del numero di ostaggi vivi che alla fine saranno rilasciati da Gaza.
Avranno quindi inizio la seconda e la terza fase previste dall’accordo, probabilmente fuse in un unico negoziato. Sarà probabilmente il momento più difficile: il rilascio dei restanti 65 ostaggi, tutti uomini sotto i 50 anni, compresi i soldati, in cambio di un ritiro israeliano completo da Gaza e di un cessate il fuoco permanente.
Il numero di prigionieri palestinesi che saranno rilasciati in cambio di ogni soldato israeliano sarà probabilmente molto più alto in questa seconda fase, che dovrebbe durare sei settimane. Poi avrà luogo la restituzione dei corpi degli ostaggi israeliani e dei militanti palestinesi.
Si arriverà quindi all’avvio della ricostruzione di Gaza, sotto la supervisione del Qatar, dell’Egitto e delle Nazioni Unite.