
Mark Samson sull'omicidio di Ilaria Sula: "Si era iscritta a Tinder e chattava con un altro, ho perso la testa" (foto ANSA) - Blitz quotidiano
L’interrogatorio di Mark Samson, l’assassino di Ilaria Sula, si trasforma in una sorta di auto-narrazione distorta, in cui l’assassino si dipinge più come vittima o addirittura come un eroe romantico, piuttosto che come un uomo responsabile della morte della sua ex fidanzata. “Ero pronto a combattere per riavere Ilaria come fidanzata nonostante tutti gli amici con cui mi ero confidato mi invitassero a lasciare andare la situazione”. Inizia così il suo racconto, segnato da un forte senso di autoassoluzione. Secondo Samson, la colpa della fine del rapporto, iniziato quasi due anni prima, ricadrebbe completamente sulla ragazza: “L’atteggiamento di Ilaria era altalenante, a volte mi trattava come fidanzato, altre volte come un semplice amico. A volte mi trattava affettuosamente, altre volte con freddezza”.
La pressione, gli esami e Tinder
Nel suo resoconto, Samson cerca di giustificare le sue azioni parlando di un disagio emotivo legato alla pressione scolastica e familiare: “La situazione è cambiata due o tre mesi fa quando Ilaria mi chiese di vedere i voti dei miei esami all’università, cosa che per me era un grosso problema, quasi un trauma sin da quando frequentavo la scuola elementare. Ho sempre avuto un’ansia da prestazione nei confronti dei miei genitori e lei mi aveva dato un ultimatum”. Una pressione che, secondo lui, lo avrebbe portato a sentirsi in trappola. Poi la rivelazione sconvolgente: “Mi aveva detto di aver aperto un profilo su Tinder, ma io ero scioccato e incredulo perché era inutile per capire se mi amava”. La sera del 25, Ilaria gli riconsegna alcuni oggetti personali: vestiti, cuscini e l’anello. Poche ore prima, però, Samson si era introdotto di nascosto nella casa dell’ex per spiare il suo computer, venendo fermato dalle coinquiline.

La violenza e il narcisismo finale
Il giorno dopo, il gesto estremo. Samson racconta un’apparente normalità che anticipa la tragedia: “Le portavo la colazione a letto, caffè e panino con la mortadella, l’ho vista chattare e le ho chiesto con chi. Lei mi ha consegnato spontaneamente il telefono e ho visto i messaggi sessualmente espliciti di questo Alessandro. Ero deluso e scioccato, lei ha capito che ero infastidito e mi ha strappato il telefono graffiandomi le braccia”. Poi l’omicidio: “Mi ha preso un raptus di rabbia e gelosia”. Ma il giudice respinge l’idea di un impulso incontrollabile. Il tono finale dell’assassino appare freddo e autocentrato: “Ho perso una parte di me, la ragione per cui sorridevo e che mi faceva sempre compagnia. Gli amici non vedranno più il Mark di sempre”. Nessun reale spazio per il dolore della vittima, una ragazza di 22 anni “che ha perso la vita unicamente perché voleva fare altre esperienze”, come ha scritto il giudice.