Tra i commentatori di quanto sta accadendo in Medio Oriente vi è una fetta consistente che difficilmente riconosce anche le responsabilità di Israele. La reazione al 7 ottobre 2023 appare infatti spropositata, guardando le immagini di Gaza e del Libano con feriti, palazzi crollati, gente che scappa senza sapere dove andare o che resta tra le macerie in preda alle epidemie.
Pur riconoscendo che esiste una parte dell’opinione pubblica che ha una certa difficoltà a riconoscere le responsabilità di Hamas nel massacro che ha causato la morte a quasi 1200 persone e il rapimento di altre centinaia, esiste anche chi giustifica sempre e comunque Israele. E chi li critica viene subito tacciato come filo-Hamas o come antisemita.
In un gioco di specchi distorto, sembra insomma che i morti di una parte “valgano” più di quelli dell’altra parte. Anche se dall’altra parte sono morte più di 40mila persone con circa 13mila tra donne e bambini. Sono questi infatti i numeri dei morti a Gaza: certo, sono numeri forniti da Hamas ma che, a detta di molti osservatori, non si discostano di molto dalla realtà.
Ora che Israele sta attaccando deliberatamente i militari dell’Unifil di cui fanno parte più di mille soldati italiani, anche la politica italiana sembra improvvisamente cambiare idea.
Dopo l’attacco ci sono state infatti delle dichiarazioni forti da parte della Meloni che ha parlato di “attacco inaccettabile” e soprattutto da parte del ministro Crosetto che ha detto: “L’attacco alle basi Unifil non è un incidente, ma un crimine di guerra. Colpiti mezzi italiani. L’Italia non prende ordini da Israele”.
Non è mai troppo tardi per accorgersi quanto sia sbagliato, in guerra, usare due pesi e due misure. In una guerra le vittime sono vittime da qualunque parti stiano.