Morti in Ucraina, morti a Gaza, confronto fra numeri e obiettivi di Russia e Israele che Papa Francesco non vede

Morti in Ucraina, morti a Gaza. Papa Francesco, alla fine dell’udienza generale di mercoledì 22 novembre, per l’ennesima volta ha nominato l’Ucraina e per l’ennesima volta ha voluto specificare che è martoriata.

“Non dimentichiamo di perseverare nella preghiera per quanti soffrono a causa delle guerre in tante parti del mondo, specialmente per le care popolazioni dell’Ucraina – la martoriata Ucraina – e di Israele e della Palestina”.

Più o meno le stesse parole di domenica 19 al termine della preghiera dell’Angelus:

“Continuiamo a pregare per la martoriata Ucraina, vedo le bandiere qui, e per le popolazioni di Palestina e Israele”.

Combinazione vuole che poche ore prima la Missione di monitoraggio dei diritti umani dell’ONU in Ucraina avesse reso nota la quantità di civili uccisi dai russi in 21 mesi di guerra in Ucraina, invasa il 24 febbraio dell’anno scorso, e che poche ore dopo il ministero della Salute di Gaza abbia reso nota la quantità di civili uccisi a Gaza in un mese e mezzo di guerra. Consentendo così anche di fare un paragone immediato e aggiornato. Con il quale paragone si conclude senza ombra di dubbio alcuno che la Striscia di Gaza è ben più martoriata della “martoriata Ucraina”.

I molti video e le moltissime foto delle distruzioni provocate dai bombardamenti di vario tipo, cioè con aerei, carri armati, cannoni, missili, droni e quant’altro, parlano chiaro.

E dimostrano una realtà chiarissima: Gaza è una landa ridotta in buona parte in macerie. Mentre invece in Ucraina in macerie ci sono finiti e ci finiscono tuttalpiù solo singoli palazzi. Mai per esempio un intero quartiere o un campo per i rifugiati civili.  L’unico caso di distruzione di gran parte di un complesso edificato è quello delle acciaierie Azovstal, alla periferia di Mariupol.

E anche in questo caso, come a Gaza, s’è trattato di snidare combattenti – circa 2.000 del famigerato battaglione Azov – rifugiati nella lunga teoria di tunnel sotterranei  

Strano quindi che Papa Francesco non usi mai per Gaza, che se lo merita molto di più, lo stesso aggettivo “martoriata” profuso più e più volte per l’Ucraina. Per l’esattezza, almeno 17 volte in altrettante occasioni l’anno scorso e almeno 13 in altrettante occasioni quest’anno. Ma la prima volta già il 4 febbraio 2015.

Se Francesco avesse detto che anche Gaza è martoriata chissà quale sarebbe stata la reazione dell’Assemblea dei rabbini d’Italia, già molto dura solo perché Francesco nell’udienza privata – ripeto: PRIVATA – concessa giovedì 23 a una decina di  palestinesi ha definito “terrorismo” la guerra che sta riducendo Gaza in macerie.

Quella concessa ai palestinesi era un’udienza privata esattamente come quella con la quale il Papa nelle stesse ore ha ricevuto un gruppo di israeliani parenti di rapiti da Hamas nel terribile attacco terroristico del 7 ottobre.

Veniamo ora alle cifre delle vittime civili fornite dall’Onu e da Gaza:

1) – ONU:

“Almeno 10mila civili sono stati uccisi – tra cui 560 bambini – e oltre 18.500 sono rimasti feriti dall’inizio dell’invasione nel febbraio 2022”.

2) – Ministero della Salute di Gaza:

“A Gaza 14.532 morti dal 7 ottobre scorso, tra i quali più di 6.000 bambini e 4.000 donne. 7.000 persone risultano ancora disperse”.

Come si vede, in un solo mese e mezzo di guerra le vittime civili palestinesi sono quasi il 50% in più di quelle ucraine in 21 mesi. Per l’esattezza, sono 7,3 volte di grandi delle vittime ucraine mietute dai russi. E i bambini palestinesi uccisi sono quasi 11 volte quelli ucraini. Se i russi in Ucraina mietessero vittime civili allo stesso ritmo degli israeliani a Gaza avrebbero dovuto uccidere più di 102 mila persone. E di bambini avrebbero dovuto ucciderne oltre 42.000.

Senza tener conto dei 7.000 dispersi di Gaza, che se ne fossero  morti anche “solo” la metà renderebbero il massacro di Gaza ancor più spaventoso e invece ancor più piccolo quello dell’Ucraina.

Sgomberiamo subito il campo da un’obiezione diventata quasi obbligatoria, specie da quando lo stesso presidente USA Joe Biden ha dichiarato che non si fida delle cifre fornite dal ministero della Salute di Hamas.

Biden però è stato smentito da Philippe Lazzarini, commissario generale dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi (UNRWA).   Come se non bastasse, Michael Spagat e Daniel Silverman, rispettivamente economista della Royal Holloway University di Londra e politologo della Carnegie Mellon University di Pittsburg, specializzati nel conteggio dei morti nelle guerre, hanno condotto una ricerca parallela a quella dell’organizzazione pacifista israeliana B’Tselem e la loro  conclusione è molto chiara:

“Non ci sono validi motivi per dubitare della credibilità dei numeri ufficiali forniti da Gaza”.

Il molto minore numero di vittime civili e distruzioni da bombardamenti in Ucraina è dovuto a due motivi ben precisi:

1) – piaccia o no, e sicuramente non è di moda né piacevole dirlo perché si viene subito accusati di essere “putiniani” o addirittura “nipotini di Putin”, la Russia è intervenuta in Ucraina per proteggere la popolazione russofona sottoposta da otto anni a soprusi e nel Donbass anche ad attacchi armati.

La popolazione russofona è in minoranza nell’intera Ucraina, ma è invece larga maggioranza nel Donbass orientale, dove nel 2014 sono nate due piccole “repubbliche popolari”, NON separatiste ma solo autonomiste (tipo Alto Adige, Sicilia e Sardegna).

Ed è in maggioranza ancora più grande nella repubblica autonoma di  Crimea, il cui parlamento nel 2014 ha deciso, sulla base anche di un referendum popolare, di tornare nella Federazione Russa staccandosi dall’Ucraina. Alla quale Ucraina era stata “regalata” dall’ucraino Nikita Krushev due anni dopo essere succeduto, nel 1951, a Stalin nella guida di quella che era l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, meglio nota con l’acronimo URSS.

Ovvio quindi che la Russia cerchi di evitare il più possibile danni alla popolazione russofona, che più che ucraina si sente russa, anche in quella sparsa nel resto dell’Ucraina. Israele invece a Gaza non ha di questi problemi.

Da quando il presidente filorusso Victor Janukovič nel 2014 è stato sostituito da moti di piazza con il magnate filo Unione Europea e filo NATO Petro Poroshenko, la popolazione russofona è stata sottoposta ad angherie e discriminazioni di vario tipo.

Dalla proibizione di usare la lingua russa in politica e nella pubblica amministrazione alla drastica riduzione del suo insegnamento nelle scuole, dalla proibizione di importare libri scritti in russo all’assedio del Donbass orientale da parte soprattutto di milizie private.

Milizie private come la famigerata Azov, il meno noto Pravyj Sector (in italiano Settore Destro), il Battaglione 206 e altre ancora fatte nascere da Poroshenko e finanziate soprattutto da un altro magnate: Ihor Kolomoisky, tra l’altro finanziatore anche di Zelensky e suo editore televisivo oltre che proprietario della prima banca ucraina, di compagnie aeree, di canali televisivi, industrie metallurgiche e della squadra di calcio Dnipro FC.

Poroshenko per parte sua,  oltre a essere soprannominato Il Re del Cioccolato per la montagna di soldi guadagnati producendo dolci, possiede diversi stabilimenti produttivi anche di automobili, autobus, mezzi blindati e armi, possiede inoltre il cantiere navale Lenins’ka Kuznja, il canale televisivo Kanal 5 e la rivista Korrespondent.

2) – L’altro motivo che spiega la scarsità in Ucraina di vittime civili – sempre troppe comunque in ogni guerra – è che, contrariamente a quanto fatto credere fin da prima dell’invasione, la Russia NON sembra aver mai avuto intenzione di conquistare l’intera Ucraina. Questa affermazione è DIMOSTRATA dai numeri resi noti a suo tempo dagli stessi Stati Uniti.

La Russia ha infatti invaso l’Ucraina, che nel censimento di cinque anni fa (2018) contava 42.322.028 abitanti,  con un esercito di più o meno 160.000 uomini, aumentati fino a 300.000 e con altri 200.000 pronti a intervenire per una “seconda invasione”, che però non c’è stata, semmai c’è stata la sostituzione man mano delle perdite.

Si usa dire che la Russia ha invaso con un esercito inadeguato perché contava su un colpo di Stato delle forze armate, i cui vertici erano stati corrotti a bella posta, cioè comprati a suon di bei quattrini. Golpe che avrebbe cambiato il governo di Kiev. Ma di questa affermazione non c’è nessuna prova e neppure nessun indizio che la conforti. Teniamo presente che Zelensky ha licenziato per corruzione non solo tutta una serie di importanti dirigenti civili, ma anche tutta una serie di alti gradi militari. A nessuno dei quali è stata contestata, almeno pubblicamente, l’accusa di essersi venduto ai russi per fare un colpo di Stato.

Nel 2010 è stato edito il libro “Labirinto Iran – Ipotesi di pace e guerra”, che riportava i nove scenari illustrati alla Casa Bianca quando il presidente era Obama da sei esperti del think tank Saban Center for Middle East Policy, uno dei migliori degli Stati Uniti, per uscire una volta per tutte dal labirinto della politica con l’Iran.

Il Saban Center è un’emanazione del prestigioso think tank Brookings Institution. Gli scenari proposti dai sei esperti andavano dall’invasione militare alla firma di un trattato di pace solido e duraturo, dal classico colpo di Stato alla sobillazione delle minoranze per frantumare il Paese e abbatterne il regime politico.

I sei autori del report del Saban Center alla Casa Bianca hanno tutti ricoperto incarichi di responsabilità chi al Dipartimento di Stato e chi al Consiglio di Sicurezza Nazionale, chi nella Cia e nelle azioni degli Usa in Iraq, Corea, Pakistan e Afghanistan sfociate come è noto in guerre e affini. Non manca neppure un ex ambasciatore in Israele diventato consigliere personale del presidente Clinton, come Martin Yndik, né un membro dello staff di governo del presidente Obama, come Suzanne Maloney.

Bene. I sei esperti in questione hanno imparato anche dalle esperienze in Iraq e in Afghanistan, da loro definite fallimentari  perché non sostenute della quantità di uomini necessari.

I sei avevano avvertito Obama che per invadere l’Iran o qualunque altro Paese e riuscire in qualche modo a “pacificarlo”, cioè a tenerlo sotto controllo, ci voleva almeno un uomo in divisa ogni 20 abitanti: quindi una eventuale invasione dell’Iran, Paese all’epoca con quasi 80 milioni di abitanti, avrebbe bisogno di un esercito di quasi 4 milioni di uomini, adeguatamente armati. Il che significa che per invadere l’Ucraina con l’intenzione di conquistarla e tenerla sotto controllo ci voleva un esercito di oltre 2 milioni di soldati: vale a dire, un esercito 12,5 volte più grande di quello con il quale la Russia ha compiuto l’invasione e 6,6 volte più grande di quello che a invasione avvenuta vi ha man mano preso piede.

Ecco spiegati alcuni arcani.
 

 

Published by
Pino Nicotri