Moussa Sangare, killer reo confesso di Sharon Verzeni, ha avuto delle collaborazioni con Izi e Ernia, due rapper italiani. A riferirlo sono diversi residenti a Suisio (provincia di Bergamo, appena cinque chilometri di distanza da Terno d’Isola, il paese di Sharon Verzeni) dove il 31enne abitava. E la circostanza è stata confermata anche dagli investigatori. “Anni fa ha collaborato alla canzone “Scusa’ di Izi”, ha detto un ragazzo che lo conosceva di vista, indicando il video da 14 milioni di visualizzazioni su YouTube e che porta anche la firma di “Moses Sangare”, il nome d’arte di Moussa Sangare. “Aveva davanti una carriera, so che voleva anche partecipare a X Factor“. Il suo nome d’arte compare anche nel video di una canzone del rapper Ernia insieme a Izi dal titolo “Fenomeno”.
“Io abito qua dal 2016, loro c’erano già. Moussa era un bravo ragazzo, di talento. L’ho visto cambiare quando è tornato dagli Stati Uniti, era ‘bruciato'”. A raccontarlo all’Ansa è un vicino di casa. Rispetto al video musicale con Izi girato otto anni fa “adesso è molto più magro e rasato” aggiunge il vicino, che racconta che Mouss litigava spesso e pesantemente con la sorella e la madre: “Non aveva buoni rapporti con la madre, li sentivo litigare tanto, anche alle tre e alle quattro di notte. Fino a che loro non lo hanno buttato fuori di casa e lui ha occupato l’appartamento di sotto”. Madre e sorella lo avevano anche denunciato per maltrattamenti.
Cresciuto a Suisio, Sangare ha anche giocato nella locale squadra di calcio per poi iniziare la sua carriera da cantante con una partecipazione a X Factor, dove è stato subito eliminato, per poi andare negli Stati Uniti. “Quattro o cinque mesi fa aveva dato fuoco alla casa – racconta un altro vicino – Si faceva qua, si faceva in piazza. Avevo l’intuizione che prima o poi sarebbe successo qualcosa”. Un’altra vicina di casa ha ricordato invece che “qualche mese fa erano intervenuti i Carabinieri” perché “aveva menato la sorella”. L’omicidio di Sharon “è stato uno choc. Io ho una bambina piccola – ha detto -, abbiamo paura”. I vicini riferiscono ai cronisti di non sapere nemmeno che Moussa avesse una bicicletta, quella con cui si sarebbe dato alla fuga lungo via Castegnate dopo aver colpito la 33enne con quattro fendenti.
Il 31enne era un abituale frequentatore della piazza di Terno d’Isola, ma la sera che ha ucciso la donna, dopo esser uscito da casa con 4 coltelli, non c’era passato. I due stranieri che erano andati ai Carabinieri per fare altre segnalazioni, hanno poi dato indicazioni sul fermato una volta che sono state loro mostrate le immagini. Per identificare Sangare non sono bastate le immagini riprese dalla telecamera mentre era in biciceltta in via Castagnate, dove è accaduto l’omicidio, ma della sua identità si è avuto conferma da altre telecamere.
Moussa Sangare, quella notte tra il 29 e il 30 luglio scorso, aveva già “incrociato” in bici Sharon Verzeni, che camminava, e ha deciso “di fare inversione di rotta”, girando attorno alla piazza di Terno d’Isola, “di seguire la vittima” e di colpirla in via Castegnate, perché il suo “obiettivo dichiarato era di andare a colpire qualcuno, sentiva l’impulso di andare ad accoltellare qualcuno”. E’ la ricostruzione dell’omicidio, come riferito anche nel corso della conferenza stampa dalla procuratrice facente funzione di Bergamo Maria Cristina Rota e dai Carabinieri. Stando alle indagini e all’interrogatorio del 31enne, rintracciato ieri mattina dagli investigatori e che all’inizio ha tentato di negare, fino alla confessione e al fermo delle 4,30 del mattino di oggi, Sharon sarebbe stata aggredita alle spalle dall’uomo, che “da tergo”, ha spiegato Rota, l’ha prima colpita “al torace” e poi le ha sferrato altre tre coltellate alla schiena.
L’uomo, dopo la confessione, ha indicato ai Carabinieri dove ritrovare i “quattro coltelli” che aveva con sé quella notte: quello che sarebbe stato utilizzato per uccidere era “seppellito” vicino all’argine del fiume Adda, nella zona di Medolago. Mentre le scarpe e gli abiti che Sangare indossava sono stati ritrovati dai sommozzatori nel fiume nella stessa zona. Erano dentro ad un sacchetto, assieme agli altri tre coltelli, “che facevano parte di un ceppo di sei coltelli” presente nella casa di Suisio dove abitava.“Una casa da lui occupata”, ha chiarito la procuratrice.
Rota ha precisato, inoltre, che le indagini andranno avanti anche per trovare riscontri e “sostenere” che il 31enne nella sua azione ha dimostrato “una certa lucidità”. Dopo l’omicidio, tra l’altro, è fuggito “pedalando molto forte” verso Chignolo d’Isola. Là gli investigatori hanno trovato in una delle telecamere di sorveglianza l’immagine di lui più nitida per arrivare all’identificazione. Le prime testimonianze dei due testi stranieri, che sono risultati decisivi e che hanno incrociato il 31enne quella notte, risalgono a due settimane fa circa.