A prescindere dal valore estetico (sembra oggi che la critica, ammesso ne esista ancora una, non lo prenda in considerazione), due opere contemporanee sono accomunate in queste ore quali vittime privilegiate della stessa ansia di profanazione.
L’autore del murale di via Doria dedicato a Liliana Segre e Sami Modiano ha deciso di rimuoverlo: inutile riparare il danno morale dei diversi oltraggiosi tentativi di cancellazione di un chiaro simbolo della lotta all’antisemitismo. Si è arreso, insomma.
Sempre a Milano, si celebra il processo agli imbrattatori di Love, il celebre Dito di Cattelan davanti alla Borsa: gli attivisti del clima vi avevano versato sopra vernice rossa per sensibilizzare sul tema. Lo storico dell’arte Tomaso Montanari, assoldato dalla difesa degli attivisti, assicura che non c’è stato nessun danno. Questa (l’opera di Cattelan, ma possiamo estendere il concetto a quella, il murale che ritrae la Segre) è un’opera non museificata che vive dello scambio attivo con il pubblico.
E’ stata infatti rimosso il murale che ritrae Liliana Segre e Sami Modiano dal titolo “Anti-Semitism, History Repeating” realizzato lo scorso 30 settembre a Milano da aleXsandro Palombo. Ne dà notizia lo stesso artista, ricordando che nelle settimane scorse il murale era già stato vandalizzato con le stelle di David cancellate e il volto della senatrice a vita sfregiato.
“Davanti alla rimozione dell’opera di Liliana Segre e Sami Modiano provo profondo imbarazzo, a Milano si è aggiunto scempio allo scempio, il modo migliore per nascondere l’antisemitismo, in un momento in cui l’antisemitismo dilaga e qualcuno decide anche di negare la cittadinanza onoraria ad una donna sopravvissuta all’Olocausto” ha dichiarato aleXsandro Palombo.
Lo scorso 11 novembre il murale che si trova in piazzale Loreto all’angolo con via Andrea Costa era stato vandalizzato, ma aleXsandro Palombo aveva deciso di non intervenire e aspettare prima di riparare le parti dell’opera danneggiata “poiché riteneva che fosse un’importantissimo documento testimoniale che mette in luce la deriva dell’antisemitismo”.
L’opera ‘Love’ di Cattelan, meglio conosciuta come ‘Il Dito’ di piazza Affari a Milano, contro la quale tre attivisti di Ultima Generazione hanno lanciato della vernice lavabile nel gennaio del 2023, non ha invece riportato nessun danno. È quanto sostiene il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Tomaso Montanari, sentito oggi in aula come consulente della difesa nel processo a carico degli ambientalisti per imbrattamento di beni culturali.
“La mia relazione – ha spiegato il professore – dice che dal punto di vista della storia dell’arte non c’è nessun danno all’opera. Non c’è un danno nemmeno soggettivamente, come dimostra ciò che ha scritto anche l’autore: non c’è un’offesa. Queste opere – ha aggiunto davanti al giudice milanese Maria Teresa Guadagnino – nascono per essere interattive nella storia dell’arte, cioè portano il loro effetto sul pubblico a patto che il pubblico non sia passivo, ma interagisca con l’opera”.
Nell’udienza di oggi, poi, uno degli imputati è stato interrogato, sottolineando che “il motivo del gesto era portare all’attenzione pubblica, in una maniera che fosse efficace, il problema delle conseguenze della crisi climatica. Abbiamo colpito il basamento”.
Come ha poi precisato un’altra attivista, rendendo dichiarazioni spontanee, si trattava di “pittura diluita al 50% con acqua, perché parte della strategia del movimento è avere semplicemente un punto di rottura per poi aprire un dialogo. Quindi l’intenzione non è mai stata quella di danneggiare”. Il processo a carico dei ragazzi, tutti difesi dall’avvocato Gilberto Pagani e già inseriti in un programma di giustizia riparativa, è stato rinviato al prossimo 3 marzo, quando è prevista la discussione delle parti e la sentenza.
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