Netflix è stata condannata a risarcire con quasi 400mila dollari una donna dell’Indiana, negli Stati Uniti, dopo averne rivelato l’identità nel documentario Our Father, sul controverso medico della fertilità Donald Cline.
Nel 2022 su Netflix uscì il documentario Our Father, che raccontava un controverso fatto di cronaca realmente accaduto. La storia è quella di Donald Cline, un ginecologo che lavorava in una clinica della fertilità. L’uomo sembra aver utilizzato il suo stesso seme su un numero considerevole di pazienti, ovviamente senza alcun consenso. Dopo un’indagine si è scoperto nel 2015 che Cline ha generato più di cinquanta figli inseminando artificialmente tantissime donne a loro insaputa.
Il documentario, per l’argomento trattato, suscitò un certo scalpore, portando alla luce un fatto di cronaca tanto unico nel suo genere quanto incredibilmente grave. Ma la produzione del documentario, targata Netflix, si è ritrovata a dover affrontare una causa legale.
Nello stesso anno di uscita del documentario, il gigante dello streaming è stato citato in giudizio in una causa legale. L’accusa è quella di aver divulgato l’identità di una donna, Lori Kennard, il cui nome appare brevemente rivelando il suo legame biologico con il ginecologo Donald Cline. La produzione, infatti, pare avesse promesso di non citare alcun nome nel documentario senza previo consenso.
La donna ha accusato Netflix e la divisione RealHouse di Blumhouse Productions per non aver oscurato il suo nome, nonostante la produzione le avesse assicurato il totale anonimato nel documentario. Nella denuncia si evidenzia l’enorme stress emotivo al quale è andata incontro la donna dopo la rivelazione. Lori Kennard, inoltre, teme pesanti ripercussioni sulla sua vita sociale e sulla sua reputazione, dopo che nel documentario è apparso il suo nome.
Un’altra donna, Sarah Bowling, aveva intentato causa per lo stesso motivo. Se la Bowling aveva in qualche modo diffuso la notizia del suo legame con Cline, Lori Kennard lo aveva tenuto sempre nascosto, considerandolo un fatto estremamente privato. Dopo quattro giorni di processo, la giuria ha stabilito che Kennard avesse effettivamente mantenuto segreto il suo legame biologico con il ginecologo.
Netflix si è difesa, sostenendo la validità del Primo Emendamento e dunque una certa rilevanza giornalistica che giustificasse l’inserimento dei nomi nel documentario. La giuria, però, ha deciso di respingere tali argomentazioni perché non giustificavano in alcun modo l’evidente violazione della privacy. Il colosso dello streaming è stato così costretto a risarcire la donna con una somma vicina ai 400mila dollari.
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