
Orlandi 42 anni dopo: Nicotri spiega il (ri)ciclo delle notizie - Blitzquotidiano.it (foto Ansa)
Venerdì di Repubblica ha sparato un’inchiesta sul mistero Orlandi a base di “rivelazioni” e asseriti inediti vari, con un titolo che promette faville: “Caso Orlandi, i documenti segreti che svelano il riscatto fantasma”. Anche il sottotitolo non scherza, annuncia infatti “retroscena finora inediti”.
Alla base di tanto ben di Dio ci sono tre pilastri:
1) – una trattativa miliardaria (sia pure solo in lire dell’epoca) tra il Vaticano e i “rapitori” tramite intermediari;
2) – un rapporto “segretissimo” inviato ad asseriti “vertici”” dall’allora ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Claudio Chelli;
3) – il ruolo oscuro, ma secondo vertici vaticani dell’epoca molto sospettabile, del rifugiato bulgaro Theodor Hlebaroff.
Intanto notiamo una prima curiosità.
Il faldone Orlandi

Venerdì spiega che queste asserite novità si trovano in un faldone di 459 pagine provenienti dai servizi segreti militari dell’epoca (SISMI, oggi AISE). Faldone che Venerdì afferma essere stato “da noi acquisito in esclusiva” e che molto probabilmente è lo stesso che settimane fa era stato trovato vuoto nella sede dell’Archivio Centrale dello Stato da Gian Paolo Pelizzaro, consulente della Commissione parlamentare di indagine e sulle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.
Peccato che della misteriosa “trattativa miliardaria” abbiamo scritto su Blitz 11 anni fa, per l’esattezza il 21 febbraio 2014 con un apposito articolo intitolato “Emanuela Orlandi, Francesco Pio Sbrocchi e il revival di un vecchio episodio”.
I carabinieri alla Caritas
Eccone i passaggi che spiegano l’arcano:
“Grazie all’arresto in Puglia di un evaso, Francesco Pio Sbrocchi, il mistero Orlandi registra il revival di un vecchio episodio: quello della truffa tentata nel 1994 da un gruppetto di persone e che vide l’arresto del rappresentante della Caritas di Foggia don Antonio Intiso, e dello stesso Sbrocchi, all’epoca ospite da un anno della Caritas foggiana.
Per la bella cifra di 40 miliardi di lire dell’epoca (più o meno 20 milioni di euro di oggi) venne proposta alla Segreteria di Stato del Vaticano l’immancabile “liberazione” della ragazza e la consegna di un fantomatico dossier su asserite attività imbarazzanti d’Oltretevere. [….]
“La trattativa vide il coinvolgimento anche del responsabile della Caritas di Roma, monsignor Di Liegro, che in alcuni incontri si presentò in compagnia di prelati qualificatisi come membri della Segreteria di Stato. Agli interlocutori che chiedevano una prova che la Orlandi fosse viva e in mano alla fantomatica organizzazione Sbrocchi rispondeva promettendo una videocassetta, ma pretendeva un anticipo di 5 miliardi di lire (più o meno 3 milioni di euro di oggi).
E, ovviamente per conto dell’”organizzazione internazionale”, minacciava in caso di intoppi nella trattativa di far trovare Emanuela Orlandi cadavere in Piazza San Pietro”.
2) – Riguardo il misterioso “rapporto segretissimo” dell’ambasciatore Claudio Chelli, peccato che da dieci anni il suo PDF figuri per intero nel libro del giornalista Tommaso Nelli intitolato Atto di dolore. Titolo che nelle intenzioni di Nelli indica l’atto di dolore che dovrebbe giustamente essere recitato da tutti battendosi il petto per il modo col quale (non) sono state condotte le indagini (e per come se n’è occupato il giornalismo).
Riproduciamo il PDF per intero
in modo che il lettore possa vedere che oltre a non contenere nulla di interessante, o almeno nulla di decisivo, si tratta di una lettera che contrariamente a quanto sostenuto da Venerdì non era per nulla “segretissima”: Anzi, come si legge chiaramente in alto a sinistra della missiva, era solo URGENTISSIMA, ma non CLASSIFICATA. Non era cioè né riservata, né riservatissima, né segreta e tanto meno segretissima.
3) – Riguardo il ruolo del bulgaro Hlebanoff, vale la pena riportare come ne ha parlato anni fa Altervista.org nel suo Blog di Emanuela Orlandi avente per sottotitolo Pensieri Informazioni Aggiornamenti.
Il lettore può agevolmente constatare che si tratta di pura fuffa. A tirarlo in ballo è stato monsignor Carlo Maria Viganò, sulla cui scarsa attendibilità abbiamo peraltro gia scritto ( https://archivio.blitzquotidiano.it/opinioni/nicotri-opinioni/emanuela-orlandi-vigano-3113339/ ).
Interessante nell’inchiesta di Venerdì è uno dei due appunti dei servizi segreti militari di allora. L’interessante è quello in cui si parla di una riunioni avvenuta l’11 agosto 1983, a quasi due mesi dalla scomparsa di Emanuela, in Vaticano tra il magistrato italiano Domenico Sica, titolare delle indagini, il commissario di polizia Nicola Cavaliere, il tenente colonnello dei carabinieri Domenico Cagnazzo e il cardinale Eduardo Martinez Somalo in rappresentanza del Segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli, assente perché impegnato a Castel Gandolfo, sede estiva del Papa.
Tale appunto è interessante perché in 42 anni chissà perché non era mai trapelata la notizia di riunioni di questo tipo. Nella sua recente audizione Nicola Cavaliere se ne ha parlato lo ha fatto nella parte secretata.
L’altro appunto è redatto sulla base di una fonte dei carabinieri non si sa quanto attendibile e coi verbi quasi sempre al condizionale, ammissione quindi di mancanza di certezze.
Vi si parla di riscatto forse pagato dal Vaticano per Emanuela, della conoscenza di Ercole Orlandi, padre di Emanuela, di “notizie importantissime” riguardanti il Vaticano, del passaggio di Emanuela da un gruppo di “rapitori” all’altro, di contatti tra il Vaticano e i “rapitori”, e del “rapporto segretissimo” dell’ambasciatore Chelli. Rapporto che come abbiamo visto segretissimo non era. Non era neppure riservato.
Si direbbe che l’atto di dolore chiesto da Nelli sia opportuno ancora oggi.