Sulla saga imbastita sulla sparizione di Emanela Orlandi noi di Blitz lo abbiamo detto più volte a partire da sei anni e mezzo fa, perciò è una bella soddisfazione avere avuto una conferma così autorevole e completa. Ma lasciamo parlare i protagonisti.
Non piacevole è stato il commento di un paio di membri della commissione parlamentare d’inchiesta Orlandi/Gregori nel commentare in serata con amici l’audizione avvenuta giovedì 21 di Domenico Giani, già capo della Gendarmeria del Vaticano.
Giani ha completamente demolito la versione dell’ex magistrato Giancarlo Capaldo secondo la quale tra loro due, e alla presenza anche di Costanzo Alessandrini, vice di Giani, entrambi definiti da Capaldo “emissari del Vaticano”, ci sarebbe stata una ben precisa trattativa.
Conclusa con un accordo: Capaldo avrebbe fatto traslocare la salma di Renato De Pedis dallo scantinato della basilica di S. Apollinare e il Vaticano in cambio oltre a consegnargli il proprio dossier sull’intero mistero Orlandi gli avrebbe fatto sapere che fine ha fatto Emanuela. E indicato perfino come recuperarne i resti!
Giani ha chiarito che lui da Capaldo – che dell’inchiesta sulla scomparsa della ragazza vaticana s’è occupato, anche lui senza risultati, dal 2008 al 2015 – c’era stato mandato dalla Segreteria di Stato e da monsignor Genswein, segretario di papa Ratzinger, solo ed esclusivamente per chiedere l’estumulazione, cioè il trasferimento (in un cimitero italiano), della salma di De Pedis e, per facilitarlo, chiarire alcuni aspetti della extraterritorialità della basilica.
Riguardo la trattativa, noi di Blitz a partire dal 18 maggio 2018 abbiamo più volte sostenuto e DIMOSTRATO che non poteva esserci stata. Come abbiamo confermato anche alla vigilia dell’audizione dell’ex magistrato. Che Capaldo il mistero Orlandi ami romanzarlo è dimostrato (anche) dal fatto che ci ha scritto due romanzi: La ragazza scomparsa, pubblicato nell’ottobre del 2021, e La ragazza che sapeva troppo, pubblicato nel giugno del 2023.
La storia o meglio la storiella della “trattativa” è nata con il film La verità sta in cielo, di Roberto Faenza. Capaldo infatti a contorno della quinta puntata della webserie Sulle tracce di Emanuela prodotta a corredo del film di Faenza, ci ha tenuto a far sapere che era arrivato “a un metro dalla verità, ma poi si è bloccato tutto”.
Tradotto in italiano: la salma di De Pedis lui l’aveva fatta traslocare, ma Giani e il Vaticano in cambio non gli avevano dato nulla. Non avevano cioè mantenuto l’impegno di ricompensare il trasloco facendo sapere a Capaldo che fine avesse fatto Emanuela e dove si trovasse il suo cadavere.
A onor del vero Capaldo in queste sue affermazioni era più sfumato. Il suo era un dire e non dire, come una consumata stripteaseuse che mostra e non mostra. Ma a renderle affermazioni nette e tranchant, senza se e senza ma, ci ha pensato Pietro Orlandi. Che, trascinato dalla sua ansia di arrivare alla verità sulla scomparsa di Emanuela, di tale trattativa ha parlato più volte in termini di certezza.
E Capaldo imprudentemente non ha mai smentito e neppure frenato la versione senza se e senza ma di Pietro Orlandi. Audito dalla commissione parlamentare lo scorso 18 luglio, l’ex magistrato ha detto di avere avuto la sensazione “che sapessero che Emanuela non era più viva”. Un po’ poco per parlare di trattativa nei termini avvalorati esplicitamente da Pietro Orlandi. Che anche nei giorni precedenti l’audizione di Capaldo ha dichiarato senza peli sulla lingua: “Spero che Capaldo dica in Commissione tutto quello che dice a me”. Per parte sua l’ex magistrato nel corso della sua audizione ha invitato la commissione a convocare Giani. Dandosi così di fatto la zappa sui piedi.
Ecco infatti cosa ha detto in commissione piuttosto seccato l’ex capo della Gendarmeria vaticana riguardo la bufala della trattativa:
– “Mi chiesero di prendere contatti con il dottor Capaldo. Chiaramente, la richiesta proveniva dalla segreteria di Stato e da mons. Georg Gaenswein ed ecco perché quando il dottor Capaldo ha usato il sostantivo emissario sono rimasto molto basito perché non sono un emissario, ancorché non sia una parola offensiva di per sé, ma ero un capo della polizia, un servitore dello Stato, non l’ho trovata una bella cosa, mi ha dato fastidio”.
– “Noi non potevamo offrire a Capaldo niente di quello che non avevamo”. “Noi non avevamo niente, io non sono un piazzista, non vendo fumo, ma servizi alla persona e alle istituzioni, se io posso parlare è perché sono certo di quello che dico, Capaldo può dire quello che vuole, ma io non sono andato a dire a Capaldo cose che non avevo”. “Sono andato a dirgli che noi vogliamo togliere la tomba, tu lo puoi fare senza di noi, ma ti garantiamo massima collaborazione”. “L’incarico che io avevo ricevuto era quello di occuparmi di offrire collaborazione alla estumulazione”.
– “Confermo quanto detto, è stato il Vaticano attraverso me come Comandante della Gendarmeria a chiedere di incontrare il procuratore Capaldo per trattare esclusivamente la questione della estumulazione della tomba di De Pedis dalla basilica di Sant’Apollinare. Confermo che a un certo punto questi rapporti che si erano instaurati di cordialità con la procura di Roma si sono interrotti e non ho più visto il dottor Capaldo da quel tempo”. Da notare che Capaldo ha sempre detto in contrario, e cioè che a non farsi più vivi erano stati Giani e Alessandrini. E comunque se avesse voluto ricontattarli sarebbe bastata una telefonata.
– “Il primo incontro avvenne in procura, il secondo in Vaticano. Nel secondo in Vaticano Capaldo mi chiese se avevo notizie, che cosa sapessi. Risposi che la Santa Sede non aveva esperito alcuna attività di indagine e che all’epoca della scomparsa questa fu delegata all’Italia”. “Lui è venuto la seconda volta, allora se la vogliamo dire tutta, lui forse pensava di fare il risultato, ma il risultato su che cosa se noi non avevamo niente?”.
– “Ho abitato in Vaticano dal 1999 al 2020, in un certo periodo in una palazzina vicina a Sant’Anna, adiacente alla palazzina dove vive la signora Maria Orlandi. Ebbi modo di conoscere il signore Ercole Orlandi quando arrivai in Vaticano, quando seppe che ero stato prima nella Guardia di Finanza e venivo anche dai Servizi, mi chiese se sapevo qualcosa, ma io non sapevo nulla di questo caso, ero entrato in Guardia di Finanza nel 1991”.
“Anche tra le nostre famiglie c’è stato grande affetto, la signora Maria, la mamma di Emanuela, aveva avuto sempre grande affetto verso mia figlia, c’è sempre stata questa attenzione”. “Sulla sorte di Emanuela io no so niente”.
“In quel momento lì con Agca si disse del terrorismo internazionale, poi è venuta fuori la pista della criminalità organizzata, poi ho sentito di un’altra pista, ma io non posso dare risposte, come poliziotto non posso avere opinioni se non ho elementi”.
“Quando io sono arrivato tante persone che c’erano al tempo non c’erano più. Quello che ho letto io è quello che ha potuto leggere chiunque. “Se mi fate una domanda di carattere più generale, io in coscienza non so dare una risposta. Quando ero in Finanza ci è stato insegnato di non perseguire mai una sola pista, ma in quel momento lì io non c’ero, le indagini erano condotte dall’Italia e io credo in buona fede”.