Dopo la strage di Paderno Dugnano l’unico che ha alzato il dito, si è alzato in piedi e ha detto parole di verità, bisogna ammetterlo, è stato il professor Paolo Crepet. Lo psichiatra, intervistato del Messaggero, ha messo a nudo, senza troppi giri di parole, quello che lui definisce “il disfacimento del nostro mondo”.
“Prendiamo atto – spiega – del disfacimento del nostro mondo, del disfacimento della famiglia. Lo dico da trent’anni. E mi sento rispondere che sono il disfattista, che sono il pessimista, che non capisco niente, che bisogna guardare il bicchiere mezzo vuoto. Da anni mi chiamate per commentare delitti di questo tipo… Ma davvero c’è qualcuno, compreso il ministro della Famiglia, che dica che esiste ancora la famiglia? Andiamo”.
Secondo Crepet “semplicemente non c’è più una regola. Ed è avvenuto perché non parliamo più. Abbiamo scambiato i soldi con le parole. Una volta si parlava e non c’erano i soldi. Oggi ci sono i soldi ma non si parla più. Un padre non sa dove è suo figlio di 14 anni. Sabato sera c’era mezza Italia che non sapeva dove si trovasse il proprio figlio. Ne aveva una idea molto, molto vaga. Un padre non sa cosa fa il proprio figlio di 14 anni, non sa quanti shot stia bevendo, non sa se consuma cocaina, non sa se fa sesso con una tredicenne. Semplicemente non lo sa. Sa di cosa sanno i genitori? Di padel, della partita, del prossimo viaggio quando magari si parte sposati e si torna separati. Poi mi dicono “lei è pessimista”. No, sono gli ottimisti che sono male informati”.
Lo psicologo sostiene che i genitori italiani non sono protettivi quando dovrebbero esserlo, “vale a dire a partire dalle 9 di sera. Sono protettivi in modo sbagliato, ecco che non ci sono più i voti a scuola. Guardi, è stato fatto tutto il contrario di ciò che sarebbe intelligente fare. Forse non siamo un popolo così intelligente». La situazione, secondo Crepet, si migliora «mettendo un punto. Possiamo cambiare la scuola, prima di tutto. In maniera rivoluzionaria. Non funziona nulla. Prima di tutto bisogna cominciare a 5 anni e non a 6, finire a 18 e non a 19. Bisogna rimettere i voti come si è sempre fatto. Bisogna avere la scuola a tempo pieno e dare più soldi agli insegnanti. Ma lei pensa che ci sia un politico che pensa a queste cose? Però ho ragione io, me lo faccia dire”.
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