Papa Francesco, lievissimo miglioramento. A 21 anni la prima polmonite, una suora gli salvò la vita (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Come sta Papa Francesco: sta un filo meglio, la polmonite bilaterale però è cosa grave alla sua età, le cose andranno comunque per le lunghe. E del resto i polmoni sono un punto critico per il pontefice. Quando aveva 21 anni lo salvarono per un pelo, una suora lo strappò a un sicuro decesso.
Per i medici, il lieve miglioramento degli indici infiammatori evidenziato dalle ultime analisi effettuate a Papa Francesco è “indubbiamente un segnale positivo, che indica una risposta alla terapia antibiotica in atto. Tuttavia l’iter sarà probabilmente lungo, poiché la gestione di una polmonite bilaterale richiede diversi giorni, se non settimane, per essere sotto controllo”. Lo rileva all’ANSA Francesco Blasi, ordinario di Malattie respiratorie all’Università di Milano e primario della Struttura complessa di Pneumolo
Non è la prima volta che papa Francesco, ora ricoverato al Gemelli, soffre di polmonite. E quando gli capitò all’età di 21 anni, nel 1957, da giovane seminarista a Buenos Aires, rischiò perfino di non farcela. A salvargli la vita – ha raccontato più volte Bergoglio – fu una suora di origine italiana, anzi come lui piemontese, suor Cornelia Caraglio, che gli somministrò le dosi sufficienti di farmaci, anche opponendosi al parere dei medici.
Fu in quelle circostanze, tra l’altro, che il giovane Jorge Mario fu sottoposto a un’operazione in cui gli fu asportato un lobo del polmone destro. Francesco ne parlò dapprima il 15 dicembre 2016 durante l’udienza nell’Aula Paolo VI.
“A 21 anni ho avuto una polmonite gravissima e non si sapeva cosa fosse. Sono andato in ospedale e subito mi hanno tolto tanto liquido dal polmone, e il dottore ha detto: gli dia un milione di unità di penicillina e 500 mila di un altro farmaco e se ne è andato. E la suora, che era infermiera, ha detto all’altra infermiera: ‘tre milioni e un milione’, perché aveva il fiuto della situazione.
Ed è stato il 7 febbraio del 2024 che, al termine dell’udienza generale, Bergoglio ha potuto incontrare e abbracciare i parenti di suor Caraglio, una decina di persone, giunte dalla provincia di Cuneo.
“Era una suora tosta, in gamba, coraggiosa, determinata”, spiegava a Telepace e a Vatican News il parroco della cattedrale di Alba, don Dino Negro, che accompagnava il gruppo: “Suor Cornelia incarna perfettamente la caparbietà piemontese”.
Fu una sua scelta personale quella di insistere con le cure all’allora seminarista Bergoglio, nonostante i medici avessero perso le speranza. “Siamo orgogliosi di avere nella nostra dinastia una persona che è riuscita a fare una cosa così grande”, aggiungeva la cugina di suor Cornelia, Laura Caraglio, anche lei proveniente da Beinette, il paese natio della religiosa: “Grazie a lei oggi abbiamo un grande Papa”.