Parla Peppino Fappani, l’odontotecnico di 69 anni unico superstite dello squalo killer che nelle acque di Marsa Alam (Egitto), il paradiso delle vacanze, aveva azzannato a morte il turista romano Gianluca Di Gioia, 48 anni. Dalla sua casa di Soncino (Cremona) Peppino racconta come sono andate le cose, come sia stato inutile il suo soccorso all’amico aggredito che invocava aiuto, e come sua riuscito ad allontanare il grosso predatore, un bestione scatenato di due metri e mezzo che già gli aveva morso una gamba. La tragedia del 29 dicembre scorso ha avuto un ampio seguito sui media di mezzo mondo con numerose narrazioni. Alcune di queste quantomeno fantasiose, bizzarre, gonfie di contraddizioni.
La versione di Peppino
Foppani ricostruisce l’incidente dalle prime battute. Con onestà e chiarezza. Racconta che si trovava in spiaggia quando ha sentito la richiesta di aiuto del romano. Pensava si trattasse di un malore e si è immediatamente tuffato per soccorrerlo. Una volta raggiunto a nuoto, ha visto lo squalo e il 48enne preda ormai dilaniata. A sua volta ha lottato con lo squalo usando le uniche armi a disposizione, cioè le mani. Il predatore lo ha ferito più volte poi Peppino ha avuto una intuizione. Dice: ”Gli ho infilato un dito nell’occhio e lo squalo ha mollato la presa. Eravamo in acque balneabili ma non c’erano reti di protezione. Il predatore mi aveva azzannato una gamba. In tutto ho subito tre attacchi, l’ultimo quando ero disperatamente attaccato alla lancia di soccorso. Se sono qui, se sono vivo, lo devo ai ragazzi del Diving che mi hanno recuperato. Quando il mako mi ha attaccato l’ho visto davanti a me e lì mi sono ricordato che una volta qualcuno mi disse che gli squali sono animali particolarmente sensibili agli occhi: così ho allungato una mano e ho cercato di mettere un dito nel bulbo oculare. E’ stata la mossa che mi ha salvato la vita”. Anche Di Gioia è stato issato a bordo della lancia ma le sue condizioni erano disperate.
La ricostruzione farlocca della Questura egiziana
La questura egiziana ha aperto subito una inchiesta affermando però che Gianluca e Peppino erano in acque profonde. E’ vero? Fappani si infiamma: ”C’è un filmato molto chiaro dove si vede che sono al di quà delle boe di delimitazione. Dunque non penso di essere indagato dalla polizia egiziana o che mi si possa addebitare una condotta scorretta. I miei soccorritori mi hanno riferito che in 20 anni non hanno mai visto uno squalo da quelle parti e che si trattava di un mako perché lo squalo tigre quando attacca uccide. Io comunque ho visto le strisce tipiche del tigre ma non sono certo un esperto di fauna marina”. Lunedì 11 gennaio all’ospedale di Manerbio gli hanno tolti alcuni dei 60 punti che gli hanno applicato a Porto Ghalib. Di una cosa è sicuro: non tornerà mai più sul Mar Rosso: ”No, da ora in poi andrò solo in montagna”.