Una proposta di legge approvata dalla Camera introduce una pena più severa per l’uccisione non necessaria di un animale, che sarà punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, estendibile a 4 anni se l’atto è commesso con sevizie o prolungando volutamente le sofferenze dell’animale. Questo cambiamento segna una novità significativa, aprendo alla possibilità di reali detenzioni, considerando che pene inferiori a tre anni raramente prevedono la reclusione effettiva. La legge, promossa da Michela Vittoria Brambilla, deputata di Noi Moderati e presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, ha ricevuto 101 voti favorevoli, 95 astensioni e solo 2 contrari.
Oltre a inasprire le pene, la normativa introduce un cambiamento concettuale importante: il titolo del Codice penale relativo a questi reati non sarà più “Dei delitti contro il sentimento dell’uomo per gli animali“, ma “Dei delitti contro gli animali“. Questa modifica sottolinea il riconoscimento degli animali come soggetti di diritto, anche se nel Codice civile continuano ad essere considerati “res”, ovvero cose. “È una rivoluzione quasi filosofica”, afferma Brambilla, con il potenziale di agevolare future armonizzazioni legali.
Le pene sono state aumentate in diverse fattispecie, con l’obiettivo di accrescere la deterrenza. Per i maltrattamenti senza uccisione, si prevede una reclusione da 6 mesi a 2 anni, accompagnata da una multa compresa tra 5.000 e 30.000 euro. Per l’uccisione, la multa raddoppia, raggiungendo cifre tra 10.000 e 60 mila euro. Anche chi organizza spettacoli o competizioni crudeli rischia sanzioni pecuniarie aumentate fino a 30.000 euro. Nei casi di combattimenti clandestini tra animali, la reclusione arriva fino a 4 anni, con sanzioni comprese tra 5.000 e 30.000 euro per i partecipanti.
Il testo prevede l’estensione delle misure preventive del codice antimafia a chi organizza combattimenti o traffica cuccioli, per cui le pene raggiungono 18 mesi di reclusione e 30.000 euro di multa. L’uccisione o il danneggiamento di animali altrui diventa perseguibile d’ufficio, con pene fino a 4 anni e multe tra 10.000 e 60.000 euro. Aumentano inoltre le sanzioni per la cattura e detenzione di specie protette, con reclusione fino a un anno e ammende fino a 8.000 euro. Sono previste pene più severe anche per la distruzione di habitat in siti protetti, con reclusione fino a 2 anni e ammende raddoppiate a 6.000 euro.
La legge introduce il divieto nazionale di tenere animali alla catena, con multe tra 500 e 5.000 euro, benché alcune opposizioni abbiano criticato le eccezioni previste rispetto a normative regionali più rigide. Sono inoltre stabilite aggravanti per reati commessi alla presenza di minori, contro più animali, o documentati e diffusi online.
Un punto condiviso all’unanimità è l’aumento delle pene per abbandono e detenzione in condizioni incompatibili, con sanzioni che salgono fino a 10.000 euro, minimo 5.000. Queste disposizioni si sommano alle norme del Codice della strada che prevedono ulteriori pene per abbandoni in prossimità di aree stradali.
“Questo è il cambiamento che molti aspettavano – conclude Brambilla – e credo che se ne coglierà presto la portata. Alla percezione di impunità che accompagna chi maltratta gli animali si oppone un sentimento di profonda indignazione nella società, trasversale a ogni orientamento politico. A chi sogna ancora l’impunità dico che è il momento di svegliarsi: non c’è più spazio per tollerarla”.
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