Tra bullismo, confronto tra coetanei e ansia per le prestazioni didattiche, il post Covid ha rappresentato una fonte di stress talvolta insostenibile per i giovani. Lo dimostra l’aumento di accessi al pronto soccorso per la popolazione pediatrica per motivi psichiatrici, in particolare gli accessi per disturbi alimentari e tentativi di suicidio sono quasi triplicati, con aumenti più marcati soprattutto per le giovani.
È emerso da un’estesa analisi italiana condotta sui dati clinici ospedalieri relativi a tutte le visite al Pronto Soccorso (PS) di bambini e adolescenti (età compresa tra 0 e 17 anni) avvenute tra il 1 gennaio 2018 e il 31 dicembre 2021 in nove ospedali a Brescia, Cagliari, Firenze, Genova, Roma (2 ospedali), Sassari, Trieste, e Torino con un bacino di utenza complessivo di 7 milioni di persone. Pubblicato sulla rivista Jama Network Open, lo studio è stato coordinato dal neuropsichiatra Infantile e membro della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) Benedetto Vitiello dell’Università di Torino.
I principali motivi per le visite psichiatriche al PS erano l’agitazione psicomotoria (33,1%) che spesso si traduce in forme di aggressività, l’ansia (16,1%), i disturbi alimentari (10,4%), l’ideazione suicidaria (8,8%) e i tentativi di suicidio (8,6%). Questi ultimi 3 fattori sono aumentati significativamente durante il periodo di studio, con incrementi del 294,8% per i disturbi alimentari, del 297,8% per l’ideazione suicidaria e del 249,1% per i tentativi di suicidio. Durante il periodo di studio sono avvenute un totale di 1.017.885 visite pediatriche al PS: 13.014 (1,3%) erano visite psichiatriche.
L’età media era di 13,8 anni, il 63,2% erano bambine e ragazze. I numeri delle visite psichiatriche sono stati 2.655 nel 2018, 3.136 nel 2019, 2.563 nel 2020 e 4.660 nel 2021. Nel 2018, l’età media al momento dell’accesso in PS era di 13,47 anni, significativamente inferiore rispetto agli anni successivi.
“Le urgenze psichiatriche al pronto soccorso aumentano di numero quando c’è la scuola, indipendentemente da altre attività ricreative e sociali extrascolastiche”, spiega Vitiello all’ANSA. La cosa interessante è che si è visto questo rapporto con l’attività scolastica in presenza, sottolinea l’esperto: ogni volta che la scuola è stata chiusa (come è accaduto in tutte le chiusure legate alla pandemia) ci sono state meno visite al PS per motivi psichiatrici.
“Si sapeva anche prima che la scuola può rappresentare una fonte di stress per gli adolescenti” – sottolinea Vitiello. In questo studio che sfrutta i periodi di chiusura della scuola per il Covid e quindi non per vacanza, e tiene conto anche della didattica a distanza, si vedono proprio gli effetti della scuola in presenza. “I risultati portano l’attenzione su come potremmo rendere la scuola meno stressante per gli adolescenti più fragili e su come li si potrebbe aiutare a gestire questo stress. Potrebbe essere non solo la scuola in sé, ma fattori che si verificano durante la scuola, come il bullismo, il confronto tra pari”, conclude.