Sammy Basso e i suoi genitori, Laura e Amerigo, sono gli Italiani dell’anno 2024 di Famiglia Cristiana.
Sammy Basso è morto il 6 ottobre 2023 a quasi 29 anni a causa della progeria, una malattia rara che provoca l’invecchiamento rapido dei tessuti. Era vissuto ben oltre il limite di 14 anni che la medicina assegna alle vittime di questo morbo.
Sammy Basso, sottolineano il direttore di Famiglia Cristiana don Stefano Stimamiglio e il condirettore Luciano Regolo firmando il Primo piano dell’ultimo numero dell’anno in edicola da giovedì 26 dicembre “è entrato in questi anni nel cuore di tantissime persone”.
Il riconoscimento è stato attribuito “per la straordinaria testimonianza di amore per la vita e di unità familiare, vissuti nella semplicità, nell’umiltà e nell’autenticità.
Sammy, mamma Laura e papà Amerigo ci insegnano che “sebbene gli ostacoli della vita a volte possano sembrare insormontabili, vale la pena viverla con pienezza” lasciandosi sorprendere dalla sua bellezza. E che per abitare l’esistenza da protagonisti, non conta tanto rispondere a canoni prestabiliti di successo, quanto lo spirito, l’entusiasmo, il coraggio, l’allegria con cui affrontiamo le sfide che la Provvidenza ci ha assegnato. Il loro esempio ha un valore universale, continuerà a parlare ai cuori delle famiglie e dei giovani per molto tempo”.
Intervista ai genitori di Sammy Basso
Chiara Pelizzoni di Famiglia Cristiana ha raggiunto Laura e Amerigo, genitori di Sammy Basso, a casa loro a Tezze sul Brenta in provincia di Vicenza. L’intervista è stata rilanciata dalla Stampa.
Anche per voi è stato un dono la sua malattia?
«Gli è stata diagnosticata che aveva due anni e un mese ed è stata una mazzata. Per un po’ di tempo ci siamo chiesti cosa avessimo fatto per meritarci questo. Poi un giorno ci siamo guardati e abbiamo capito che stavamo sbagliando tutto. Sammy doveva vivere una vita più normale possibile. Aveva un cuore per gioire, un senso dell’umorismo notevole. Chiunque ha riso un sacco con lui. Sapeva prendersi gioco della sua immagine. Diceva sempre: “Alla fine siamo tutti diversi e per questo siamo tutti uguali”. Da quel momento abbiamo visto la vita in modo totalmente diverso, non dando mai niente per scontato».
Al collo portava il Tau. Che legame aveva con san Francesco?
«Guardava e viveva la vita allo stesso modo. Non uccideva nemmeno una formica. Così con l’ambiente, aveva un rispetto profondo per il creato. Da qui anche la scelta degli studi, Scienze naturali e Biologia molecolare».
Sapeva tutto del suo male
Studi volti a capire meglio anche la sua malattia?
«Della sua malattia sapeva tutto, l’ha sempre saputo. Sapeva soprattutto che la progeria, ovvero l’invecchiamento precoce, ti condanna prima del tempo. Ma voleva fare ricerca per aiutare i bambini di oggi e di domani, ben consapevole che non la faceva per lui perché non c’era più tempo».
Come gestiva la paura?
«La vinceva con la preghiera. Metteva tutto nelle mani di Dio».
E l’incontro con il Santo Padre?
«È stato breve ma intenso. Per Sammy è stata un’esperienza mistica. Quando siamo entrati nel suo ufficio, un ambiente molto grande, lui non vedeva altro che il Papa. L’incontro l’ha caricato, Sammy gli ha chiesto se poteva ricevere una benedizione da espandere ad amici e parenti e agli altri pazienti con progeria. Una benedizione da condividere con gli altri».
Parlavate di Dio in casa?
«Tutti i giorni. Siamo credenti, ma Sammy lo viveva veramente in maniera quotidiana e nel suo modo di rapportarsi agli altri. Il Natale? Per lui la Messa solenne del 25 dicembre era imperdibile, ma il Natale lo viveva tutti i giorni, così come viveva tutti i giorni la Pasqua. Pregavamo insieme, ma pregava anche da solo. Ultimamente aveva una sveglia sul cellulare, che gli ricordava la lettura del giorno. Meditava quotidianamente ciò che il Santo Padre diceva».
Sammy è mancato da poco più di due mesi. Oggi come state?
«È più difficile ora del primo periodo. Adesso ci accorgiamo veramente che lui manca. Finché è stato con noi la casa era piena di vita; anche se era nella stanza accanto, c’era energia. Giorno dopo giorno manca».
Cosa vi manca di più?
«Con Sammy abbiamo avuto il privilegio di vivere una vita piena, anche a livello fisico. Aveva 28 anni, ma ricercava gli abbracci e i baci, veniva a sedersi sulle mie gambe (aggiunge mamma Laura, ndr). Ci mancano le coccole. E poi, parlava tanto di tutto. Era molto aperto. Diceva cose serie, cose leggere, parlava di fede, sorrideva tanto, sempre. Scherzava, qui si rideva di continuo. Ci mancano i suoi occhi perché il contatto visivo era essenziale anche durante le serate e le ospitate. Chiedeva tanto a noi, il nostro punto di vista. C’è sempre stata la massima apertura. Abbiamo condiviso progetti e pensieri. Ci definiva una grande squadra».