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Si fa male alla caviglia mentre è in smart working, l’Inail condannata a risarcire 10mila euro

Il tribunale del lavoro di Milano ha emesso una sentenza importante nella giornata di venerdì 18 ottobre, condannando l’Inail, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, a risarcire una donna per un infortunio avvenuto durante il suo lavoro in smart working. La donna riceverà un risarcimento di diecimila euro per le lesioni subite mentre si recava a prendere la figlia a scuola.

I dettagli dell’infortunio

Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica, l’Inail aveva inizialmente sostenuto di non dover versare alcun indennizzo alla donna, ritenendo l’incidente non collegato al rischio lavorativo. L’infortunio si è verificato il 23 settembre 2020, mentre la funzionaria dell’Agenzia delle Dogane lavorava da casa a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19.

Durante il suo turno di lavoro, la donna aveva richiesto un permesso per recarsi a scuola a prendere la figlia di sette anni. La scuola si trovava a circa un chilometro e mezzo da casa. Durante il tragitto, la donna è caduta, riportando una grave lesione alla caviglia che ha comportato una “menomazione permanente”.

un'aula di tribunale
Si fa male alla caviglia mentre è in smart working, l’Inail condannata a risarcire 10mila euro (foto ANSA) – Blitz quotidiano

La richiesta di risarcimento

In seguito all’incidente, la donna ha chiesto un risarcimento complessivo di 71mila euro, coprendo sia l’inabilità temporanea che le spese mediche sostenute. L’Inail, tuttavia, ha contestato la richiesta, sostenendo che l’incidente non fosse riconducibile a un infortunio di lavoro, ma piuttosto a un “rischio generico” comune a tutti i cittadini.

La decisione della giudice

La giudice ha invece accolto la richiesta della donna, riconoscendo il suo diritto al risarcimento. Ha stabilito che “il lavoratore è tutelato tutte le volte che si allontana dall’azienda e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell’attività lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi”. Inoltre, ha sottolineato che “la sospensione dell’attività lavorativa non dipende da scelte voluttuarie del dipendente, ma è giustificata da ragioni connesse all’esercizio dei diritti personali del lavoratore”.

 

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