Lo scorso 8 gennaio a Ravenna, un drammatico episodio ha scosso la città: Giulia Lavatura, 41 anni, si era lanciata dal nono piano di un edificio con la figlia Wendy, di sei anni, in braccio. Mentre la piccola non ce l’ha fatta, Giulia si è salvata, sopravvivendo grazie ad alcune impalcature del palazzo in ristrutturazione. Ora la donna potrebbe essere trasferita in una struttura protetta con libertà vigilata, in seguito alla valutazione psichiatrica che ha confermato la sua incapacità di intendere e volere.
La valutazione psichiatrica
Lo psichiatra Gabriele Braccini, incaricato dal gip Andrea Galanti, ha dichiarato in aula che Giulia Lavatura è incapace di intendere e volere e rappresenta un pericolo sociale. Questa diagnosi è stata determinante per indirizzare le autorità verso una soluzione di cura e protezione per la donna, piuttosto che una detenzione. Per ora, Giulia rimane ricoverata presso Villa Azzurra di Riolo Terme, mentre gli atti dell’indagine sono stati restituiti al pubblico ministero Stefano Stargiotti, che deciderà i prossimi passi legali.
Il motivo del gesto
Giulia Lavatura stava affrontando una difficile battaglia con un disturbo mentale, per il quale seguiva una cura che aveva però sospeso nei giorni precedenti al tragico evento a causa degli effetti collaterali, come il tremore alle mani. Questo, unito a uno stress psicologico crescente dovuto a un debito di 600 mila euro legato al Superbonus 110% e a un rapporto teso con il padre, l’ha portata a compiere il gesto disperato.
“Volevo liberare me e la bambina”, ha dichiarato la donna in tribunale. Le ultime parole della figlia, secondo una vicina che ha assistito alla scena, sono state un disperato “no mamma, no”. Nonostante questo, Giulia ha preso in braccio la bambina e si è lanciata, portando con sé anche la cagnolina legata in vita.