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Tutti spiano tutti. Ladri informatici crescono. Gli accessi infedeli ai database alimentano un mercato nero

Tutti spiano tutti. Guardare nella vita degli altri è entrato nella antropologia del Paese. “Chiunque può farlo, e lo fa“, dice il ministro Crosetto oggi alle prese con un’altra grana non meno inquietante: Israele che spara sui caschi blu italiani. Una sfida all’Onu; fatto mai accaduto in passato. Un fatto impensabile o quantomeno inaspettato perché inconcepibile se non addirittura irrealistico. Ma tant’è, è accaduto. E non per caso, la stessa cosa si deve dedurre con l’attivismo delle spie nostrane. Un campionario di guardoni insospettabili. Come gli ultimi tre scoperti con le mani nella marmellata: il finanziere dell’antimafia con la passione per i dossier; l’hacker con le tasche piene di bitcoin; l’impiegato di banca naturalmente modello che ha ficcato il naso dentro seimila conti correnti più o meno eccellenti; il bancario spione, già che c’era, ha sfruculiato in 679 filiali di Intesa Sanpaolo, sparse in tutta Italia. La domanda sorge spontanea: lorsignori hanno fatto tutto da soli? C’è da dubitare. E poi: hanno avuto mandanti?

Un formidabile strumento di potere

Se è vero che i dati sono il nuovo petrolio della quarta rivoluzione industriale, gli accessi infedeli ai database che li contengono (e i relativi dossieraggi) cominciano a diventare il centro della Politica innescando, come sta già accadendo, la teoria dei complotti. In altre parole, questo patrimonio di dati è un formidabile strumento di Potere da usare in proprio per ricatti da mettere a disposizione di soggetti (finora) ignoti. E come osserva Augusto Minzolini, ciò apre scenari nuovi e allarmanti se non addirittura minacciosi. Certo, “un tempo era tutto più chiaro. Nell’ombra agivano anche soggetti istituzionali, magari deviati, come i servizi segreti”. Non è più così. Oggi, appunto, “tutti spiano tutti”, come dice il ministro friulano Luca Ciriani (il fratello Alessandro è l’attuale sindaco di Pordenone). Il che fa pensare a quanto possa essere destabilizzante un eventuale “mercato nero” dei dati sensibili. E vien da chiedersi: ma chi comanda realmente in questo Paese?

Caccia ai misteriosi mandanti

Anche il procuratore generale Raffaele Cantone – napoletano, magistrato e saggista, a lungo Consulente della Commissione parlamentare antimafia – sospetta che dietro ai manovali informatici (di norma gente comune) ci siano possibili “burattinai”. E con due guerre che ci coinvolgono – una ad est ed una a sud – è lecito domandarsi: quanti sono quelli che non conosciamo? Perché, su richiesta di chi, con quali finalità, lorsignori si danno da fare? La caccia ai possibili mandanti è doverosa e urgente.

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