Un tragico caso di infezione professionale ha sollevato numerosi interrogativi sulla sicurezza negli ambienti sanitari. Un medico, tecnico di anatomia patologica, è morto dieci giorni dopo aver eseguito un’autopsia su una paziente affetta da epatite C. La vicenda, che risale all’agosto 2013, è ora oggetto di un’inchiesta giudiziaria condotta dalla Procura di Roma. I magistrati hanno ipotizzato il reato di omicidio colposo e richiesto il rinvio a giudizio per l’ex direttore sanitario dell’ospedale San Giovanni e per alcuni ex responsabili dei reparti infermieristici.
Secondo quanto riportato da Repubblica, la paziente deceduta era affetta da una grave forma di epatite acuta associata a linfoma. Durante l’autopsia, il medico avrebbe utilizzato una mascherina chirurgica ritenuta non adeguata per proteggersi da un’infezione altamente contagiosa. Oltre alla protezione personale, le indagini si concentrano anche sul sistema di ventilazione della sala autoptica, per verificare se quest’ultimo fosse conforme agli standard di sicurezza.
Il processo, che si aprirà dopo oltre un decennio, mira a far luce sulle eventuali responsabilità legate alla gestione della sicurezza sul lavoro. La Procura intende accertare se le misure adottate fossero sufficienti a prevenire il contagio non solo per il medico deceduto, ma anche per altri operatori sanitari. Una delle infermiere coinvolte avrebbe infatti riportato problemi di salute riconducibili all’esposizione al virus.
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