ROMA – La Mars lancia l’allarme: nel 2020 il mondo potrebbe rimanere senza cioccolata. Secondo i dati forniti dal colosso dell’industria dolciaria, è troppa la domanda, a fronte di un offerta che si sta riducendo a causa dei funghi che minacciano la pianta del cacao. Lo scrive Flavio Pompetti sul Messaggero.
>>>Storia del cacao, da Montezuma ai giorni nostri
In quell’anno fatidico, il 2020, la domanda – continuando a crescere a questo ritmo – sarà superiore di un milione di tonnellate rispetto all’offerta.
Quest’anno saranno consumate 4.400 tonnellate di cioccolata, e il pianeta ne chiede sempre di più. La colpa è del benessere medio raggiunto da Cina e India, 2,4 miliardi di persone, un terzo della popolazione mondiale, che hanno raddoppiato negli ultimi due anni le importazioni.
Duemilaquattrocento milioni di persone con più soldi in tasca hanno allargato gli orizzonti del mercato dell’auto, dei mobili, degli elettrodomestici e dell’hi-tech. Ma dopo essersi comprati la macchina, la casa, e i nuovi mobili della cucina, e il nuovo frigorifero, indiani e cinesi vogliono metterci dentro qualcosa di dolce. Basta sacchi di riso, è l’ora dei consumi superflui e quindi delle tavolette di cioccolata a rotta di collo.
È così che quest’anno noi terrestri ci divoreremo 70 mila tonnellate di cioccolato di più di quanto ne verrà prodotto. È così che in sei anni ci ritroveremo senza cacao.
Il 73% del cacao è coltivato in Africa e il 15,3% nei paesi sudamericani. Le piante sono molto delicate: richiedono anni di cura prima di iniziare a produrre chicchi di cacao pronti per la raccolta, e una volta stabilite sul terreno subiscono la costante minaccia delle forze della natura. Sono bastati pochi anni di siccità in Ghana e in Costa D’Avorio per insidiare le scorte mondiali, così come in Brasile e Costarica la poderosa domanda americana di mais ha convinto molti contadini a sradicare le piante di cacao, con l’effetto di impoverire ulteriormente un mercato già devastato dall’infezione del fungo Scopa della Strega.
LA CRISI DEL CACAO Quest’anno poi la crisi sanitaria dell’Ebola ha aggravato la situazione nell’Africa Occidentale, con il ritardo della raccolta e del trasporto dei chicchi di cacao. Negli ultimi sei anni però, mentre il fungo azzerava l’intera produzione dello stato brasiliano di Bahia, e il prezzo all’ingrosso del cacao cresceva dell’87% fino a sfiorare i 2.800 dollari per una tonnellata di cacao, gli agronomi hanno iniziato a manipolare geneticamente le piante, per crearne di nuove e resistenti ai batteri. La ricerca ha avuto successo, ma i nuovi ibridi prodotti in laboratorio lasciano a desiderare nella qualità più importante per il prodotto finale: il gusto.
Siamo quindi arrivati a una situazione di compromesso, nella quale gran parte dei produttori di cioccolato aggiungono quantità sempre più rilevanti di additivi, per sopperire alla mancanza di cacao, come vaniglia, grassi vegetali, profumi alimentari sintetici; mentre cresce anche la presenza di noci e di frutta candita per aumentare il volume delle tavolette confezionate.
All’estremo opposto sta prendendo forma una percentuale crescente di produzione di alta qualità, esattamente come è accaduto negli ultimi decenni nel campo dei vini. Cioccolata ottenuta con miscele sapienti di semi di cacao provenienti da diverse parti del mondo. Una mistura accurata di piante resistenti alle malattie, ed altre che arricchiscono il sapore con sfumature aristocratiche, e quindi sempre più costose.
I commenti sono chiusi.