REGGIO EMILIA – Il suo parmigiano reggiano è stato premiato da una associazione internazionale, la Oldways Cheese Coalition, che l’ha giudicato il migliore tra tremila formaggi provenienti da 25 Paesi. E lui, Giuseppe Bucchi, presidente della Latteria San Pietro di Valestra (Reggio Emilia), spiega all’Huffington Post il segreto del suo successo.
“Il Parmigiano per noi è come un figlio: lo accudiamo dal momento in cui nasce fino al momento in cui ci lascia. La nostra cooperativa, che impiega i contadini di quattro comuni limitrofi, lavora 140mila quintali di latte all’anno e produce circa 25mila forme. Questo premio è il risultato di un duro lavoro e di sacrifici enormi. Quando si compra il prodotto al supermercato non si immagina neanche lontanamente cosa ci sia dietro. Oltre alle tante e diverse fasi di produzione, tutte sottoposte a rigidi controlli, c’è la stagionatura: molti ignorano che può dirsi Parmigiano Reggiano solo quello che abbia passato i 12 mesi di stagionatura. Il Parmigiano che compriamo solitamente al supermercato ha una stagionatura di cinque, sei mesi: qui parliamo di un minimo di due anni, il che è sinonimo di qualità”,
ha raccontato ad Ilaria Betti dell’HuffPost. Di seguito il resto dell’intervista.
Qual è il segreto per fare il formaggio più buono del mondo?
“Il segreto è lavorare con passione, a cominciare dalla stalla fino all’ultimo giorno in cui il formaggio si trova in magazzino. È come crescere un bambino: va accudito, amato, coccolato. Lo si segue dal momento in cui nasce al momento in cui è in grado di camminare da solo, con le proprie gambe. A ‘formarlo’ è il casaro, è lui, l’addetto alla trasformazione del latte in burro e formaggio, quello che si sporca e ci mette le mani. Ogni casaro ha la sua mano, il suo stile: ognuno sa come coccolare e rendere al meglio il suo formaggio”.
Da quanti anni la Latteria San Pietro produce Parmigiano Reggiano?
“La nostra azienda è nata negli anni ’70, come cooperativa agricola ed è formata da 25 soci. Non c’è un padrone, come si usava un tempo, ma è una realtà nata proprio per valorizzare il ruolo dei contadini, il vero fulcro di questo mestiere. Il lavoro dei contadini è un lavoro d’oro, nel senso che il loro ruolo è preziosissimo: si alzano 365 giorni all’anno tutte le mattine per svolgere i loro compiti. Per loro non esistono feste, le vacche vanno pulite quotidianamente”.
Qual è il processo di produzione del vostro Parmigiano?
“Noi abbiamo una regola ferrea: i nostri contadini, ai quali spetta di accudire le vacche, devono conferire il latte due volte al giorno, al mattino e alla sera: al mattino il latte è intero, alla sera è scremato e in questo modo otteniamo naturalmente latte parzialmente scremato. Le porte del caseificio si aprono alle cinque del mattino: il latte fresco raccolto viene versato nelle caldaie di rame ed arricchito con caglio naturale. La cagliata poi si trasforma, sotto le sapienti mani del Mastro Casaro, in quella che diventerà una forma di Parmigiano Reggiano. Dopo una giornata di lavorazione, salta fuori il formaggio che viene cotto per 45 minuti a 38 gradi: per questo viene chiamato ‘crudo’ perché oltre i 38 gradi dovrebbe definirsi cotto. Il Parmigiano va poi pulito, salato e portato in magazzino, girato e rigirato. Poi inizia la fase della stagionatura, che qui dura un minimo di 12 mesi, durante i quali ciascuna forma viene sottoposta all’ispezione da parte dei tecnici del consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano, per verificare l’assenza di difetti interni o esterni. Noi siamo riusciti a portare la stagionatura a 30 mesi e anche oltre”.