ROMA – Per produrre un litro di vino in Italia servono due chili di carta, tre mesi di burocrazia: sono i dati riportati in un articolo di Andrea Cuomo sul Giornale.
A raccontare al Giornale le lentezze con cui si trovano a fare i conti i viticoltori è Federico Vacca, piccolo produttore piemontese e agronomo di Cascina Principe, azienda di Neive, nel cuneese. Vacca produce Barbera, Barbaresco, Dolcetto, Arnesi e altri classici vini piemontesi. Ma per continuare il proprio lavoro, dice Vacca, “Un vignaiolo tutti i giorni è alle prese con la burocrazia. Fondamentalmente gli intoppi burocratici sono dovuti a numerose leggi e regolamenti che si sovrappongono in modo non coordinato. Il viticoltore si trova così a dovere a fare più volte le stesse pratiche, a compilare più moduli per la stessa cosa a più enti. Già solo per il primo passo, quello di piantare un vigneto: la richiesta va fatta alla Provincia, la validazione su foto aeree sul fascicolo aziendale che è tenuto dalla Regione; se a questo aggiungi il controllo dell’ente certificatore, solo per misurare un vigneto intervengono tre enti diversi. Tre lavori per fare la stessa cosa”.
Operazioni che hanno “un costo vivo, ma soprattutto un costo indiretto dovuto al tempo, al destinare personale alle incombenze. Coldiretti, di cui io sono presidente per Alba, ha stimato che ogni azienda spende tre mesi di lavoro all’anno solo per svolgere tutte le mansioni burocratiche”.
E spesso “l’adempimento è lo stesso sia per una vigna di cento metri sia per un’azienda che possiede centinaia di ettari. Quindi questa voce penalizza molto le piccole imprese vitivinicole, che peraltro sono quelle che in Italia e soprattutto in Piemonte costituiscono il tessuto del vino, quello più conosciuto e amato nel mondo”.
“Per arrivare dalla vite al vino, continua Vacca, è stato calcolato che esistono 52 adempimenti burocratici, per alcuni dei quali ci sono più domande formali”.Per il sistema di certificazione, per esempio, “occorre mandare fax preventivi per qualunque operazione e questo è un bene, per carità, perché i controlli fanno bene però bisognerebbe prevedere un sistema più veloce. Possibile che non possa esistere un portale telematico a cui accedere per svolgere alcune di queste funzioni? E poi ci sono le accise, una grande complicazione, soprattutto per la vendita dei vini in Europa. Il vino per Bruxelles è un prodotto sottoposto ad accisa e in Italia vige una deroga per i piccoli produttori ma questo non vale in tutta Europa. E allora succedono cose assurde. Ad esempio se un turista tedesco si ferma nella mia azienda, assaggia i miei vini e mi chiede di spedirglieli in Germania, io semplicemente non posso. O meglio, posso a patto di spedirlo a un deposito fiscale in Germania che a sua volta recapiterà il vino al cliente. Questo comporta naturalmente per noi dei costi aggiuntivi. E peraltro nessuna tassa incassata né per lo Stato italiano né per quello tedesca. Almeno se io sapessi di contribuire alla collettività… Ma no. E questo mina la competitività delle nostre aziende”.