Berlusconi, bestemmie, ebrei: lui non può. Attento a non far la fine di Nixon

di Sergio Carli
Pubblicato il 4 Ottobre 2010 - 11:51 OLTRE 6 MESI FA

Richard Nixon, da una valanga di voti all'ignominia per bestemmie e parolacce

Mentre si profila la messa al bando di Shakespeare in Italia per il suo palese antisemitismo (vedere Mercante di Venezia per cominciare)e il taglio delle barzellette sugli ebrei dai film di Woody Allen, alla sdegnata reazione di una parte di italiani contro la parola blasfema detta da Silvio Berlusconi raccontando una barzelletta sta seguendo ora una contro reazione che ridimensiona un po’ le cose.

Ha scritto Armando Torno sul Corriere della Sera: “La bestemmia ha tante facce. Ne ha una teologica e una letteraria, nella storia non mancano grandi bestemmiatori che hanno occupato alte cariche e le interpretazioni antropologiche si sono moltiplicate. Giovanni Testori per un periodo della vita la praticò e, dopo la conversione, amava ripetere che era «una forma di preghiera» (e questo lo sostiene anche Gianfranco Ravasi proponendo l’Esegesi di Giobbe 36,18). Insomma: la bestemmia è riprovevole e condannata da molti codici civili, ma la letteratura e la satira ne hanno sempre avuto bisogno. Come i proverbi, che non l’hanno quasi mai capita: i turchi, infatti, punivano i blasfemi”.

Ha scritto Aldo Busi a  Dagospia: “Il Vaticano che si scaglia contro Berlusconi per un “porcoddio” fa il paio con la lettera di divorzio di Veronica Lario a “Repubblica” per una storiella di corna: non è speciosamente un po’ tardi per tagliare i ponti? Il problema nazionale più disperato non è Berlusconi che racconta barzellette, ma gli astanti che gli premono attorno per farsi vedere a riderne e del vile che prima ne ride mettendoci la faccia tutta e, se richiestone, anche il culo e poi, da anonimo, divulga il suo filmatino di italianuccio medio al riparo della sua doppia morale”.

Chiariamo subito: la bestemmia è una manifestazione di pensiero ed è tutelata dall’art.21 della Costituzione. C’è un problema di civiltà: una volta su certi mezzi pubblici c’era scritto che “la persona civile non sputa in terra e non bestemmia”.

C’è un problema di fede: il bestemmiatore farà i conti con la bilancia di San Pietro. Se un mio vicino bestemmiando ferisce la mia sensibilità religiosa, posso picchiarlo se sono più forte, dirglielo se non è ubriaco, allontanarmi se non aspiro al martirio.

Diverso è il tema degli ebrei, perché in Europa,prima i pogrom russi poi i campi di sterminio nazisti hanno dato all’antisemitismo un contenuto che manda ancora i brividi giù per la schiena, dopo oltre un secolo dai primi pogrom.

Si tratta poi della stessa ragione per cui c’è riluttanza a chiamare i rom zingari, col risultato di addebitare a tutto un paese, la Romania, gli atti criminali di gente che il nostro tempo non è stato capace di accogliere.

Gli americani sono più a loro agio, con gli ebrei, perché la razza definisce anche la politica e perché loro, gli americani, gli ebrei li hanno accolti e inseriti, quando fuggivano da Ucraina e Russia zariste per non essere perseguitati e uccisi.

Questo però non vuol dire evviva le barzellette, innanzi tutto perché rompono e ammorbano e non c’è niente di peggio di trovarsi in una serata che finisce con un barzellettaro compulsivo.

Per quanto riguarda Silvio Berlusconi, invece, il discorso è ancora diverso, perché lui le barzellette non le può raccontare mai, se non nel chiuso delle sue stanze private, se proprio non ne può fare a meno. Lo stesso dicasi per le bestemmie, nemmeno quelle riferite, nemmeno quelle annacquate da una barzelletta.

Non è il capo di un’azienda che infligge ai suoi dipendenti una raffica di barzellette, è il capo del governo dell’Italia, rappresenta tutti gli italiani e semplicemente non si può permettere.

Se qualcuno gli facesse ripassare la storia, potrebbe ricordarsi di quel che accadde quarant’anni fa a Richard Nixon, presidente americano con un debole per parolacce e bestemmie. Parlava nelle chiuse stanze della Casa Bianca, ma aveva dimenticato che in quelle stesse stanze aveva lui stesso fatto piazzare microfoni per registrare tutto quel che vi si diceva, per avere pronto il materiale che l’avrebbe fatto passare alla storia.

Finì impigliato in quei maledetti fili e quelle parolacce ancora incombono sulla sua memoria.