De Benedetti vs Berlusconi: “La Guerra di Segrate” vista da Ciarrapico

De Benedetti, Caracciolo e Ciarrapico (Lapresse)

L’imprenditore ed editore Giuseppe Ciarrapico ha raccontato a Maurizio Tortorella di Panorama (in un articolo ripreso da Dagospia) la sua versione dei fatti sulla Guerra di Segrate, la lotta per la conquista di Mondadori che vide contrapposte 20 anni fa la Cir di Carlo De Benedetti e la Fininvest di Silvio Berlusconi e che ha avuto come esito ultimo la sentenza che condanna la Fininvest a risarcire con 560 milioni la Cir.

Ciarrapico ebbe un ruolo decisivo di mediatore (si dice per conto di Giulio Andreotti) nella conclusione dell’accordo che lasciò a Berlusconi Panorama, Epoca e tutta la Mondadori e a De Benedetti la Repubblica, l’Espresso e i giornali locali della Finegil.

Forte dei suoi ricordi in presa diretta Ciarrapico si è mostrato sorpreso dopo la sentenza sul Lodo Mondadori:

Ho pensato che De Benedetti avesse avuto un blackout di memoria. Forse non si ricorda più quanti soldi aveva ottenuto, allora. La Cir ottenne i soldi per pagare la sua parte dalla Fininvest.

Quindi inizia a sfogliare il suo “diario di guerra” (di Segrate)

Era il febbraio-marzo del 1991. Ero andato a casa del mio amico Caracciolo, per una delle tante colazioni che facevo con lui. E lì trovai alcuni uomini di De Benedetti: Corrado Passera e l’avvocato Vittorio Ripa di Meana. Dibattevano della Mondadori. Gli dissi: a me pare che state a fare la guerra della Secchia rapita… Eh sì, ci avevano provato in tanti a metterli d’accordo, De Benedetti e Berlusconi. Qualche merchant bank, perfino Enrico Cuccia con la Mediobanca. Nulla.

[…] la guerra di Segrate non serviva né a De Benedetti né a Berlusconi. Dissi: qui dobbiamo sapere quanto valgono gli asset dell’uno e dell’altro. Quando si arriverà alla quadratura del cerchio di questi due valori, l’accordo sarà finalmente possibile.

[…]Nel giro di qualche giorno, ottenni il via libera da tutte le parti: Caracciolo, De Benedetti, Berlusconi, Ripa Di Meana… e perfino da Eugenio Scalfari, che allora era il direttore di Repubblica. Ricordo che venni letteralmente invaso da lunghi telex. Ma fu soltanto quando ebbi incassato l’accordo di tutti che accettai quel compito.

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