Nessuno sa che fine farà Quota 41: il ricalcolo con il criterio contributivo potrebbe comportare un taglio dell’assegno del 15%.
Cosa ne sarà della pensione con Quota 41? La misura, più volte rimaneggiata (almeno a livello concettuale) nel corso degli ultimi anni, potrebbe scomparire del tutto o perdere molto del proprio appeal. L’esecutivo è diviso: il vicepremier Salvini continua a spingere affinché la misura possa rappresentare presto la principale novità in materia previdenziale nel 2025, mentre il resto della maggioranza teme un flop in termini di adesioni e costi, spingendo dunque per una revisione.
Tanti italiani l’hanno sentita nominare, in pochi hanno potuto prenderla sul serio in considerazione: la pensione con Quota 41 è la misura che permette di lasciare il lavoro una volta raggiunti quarantuno anni di contributi e indipendentemente dall’età anagrafica.
La proposta dell’introduzione di un simile canale di uscita anticipato, almeno così come presentato in origine dalla Lega di Matteo Salvini, aveva suscitato parecchio interesse tra i lavoratori. L’attuazione non ha tuttavia rispettato le attese, limitando quasi subito l’idea programmatica di Quota 41 al pensionamento per lavoratori precoci. La misura è stata infatti rivolta soltanto a coloro che avevano iniziato a lavorare da giovanissimi e accumulato almeno dodici mesi di contributi prima dei diciannove anni.
Nel corso degli anni, sono tuttavia venute a galla diverse proposte per estendere tale misura a tutti i lavoratori, non solo ai precoci. E ora bisogna capire cosa potrebbe succedere nel 2025. Sulla carta, il Governo sta pianificando di implementare Quota 41 per tutti i lavoratori, eliminando il requisito anagrafico e mantenendo il calcolo della pensione basato esclusivamente sui contributi versati. Tale cambiamento, finalizzato a rendere più accessibile il pensionamento anticipato, comporta però un preoccupante aumento dei costi per lo Stato.
Taglio sull’assegno per Quota 41 nel 2025: è stallo
Per bilanciare questi costi, si ragiona dunque sulla possibilità di sfruttare il sistema contributivo introdotto dalla Riforma Dini del 1996. Una soluzione meno vantaggiosa per i lavoratori rispetto al sistema retributivo… Ecco perché Quota 41 per andare in pensione sembra a oggi in stallo. Il Governo fatica a raggiungere un accordo sul da farsi. I vertici della Lega insistono per il ricalcolo dell’assegno con il criterio contributivo. Pur sapendo che una simile modifica provocherebbe un taglio dell’assegno di circa il 15% per tutti gli aderenti a Quota 41.
Quota 41 nel 2025 implicherebbe dunque una riduzione dell’assegno pensionistico: se si va prima in pensione e di conseguenza ci si sta più a lungo, il montante andrà diviso per più anni. Una soluzione che, conti alla mano, costerebbe circa un miliardo l’anno. Un prezzo troppo gravoso per l’Italia alle prese con i vincoli di bilancio e un debito pubblico alle stelle (il debito sforerà a breve i 3.000 miliardi).
La proposta della Lega costa dunque tanti soldi e non può essere realizzata in modo da convenire ai lavoratori. E, come ha evidenziato anche la Commissione UE, può mettere a serio rischio i conti dell’INPS e soprattutto le pensioni future: quelle dei giovani. Per pagare Quota 41 oggi e limitare il taglio agli assegni, l’INPS dovrebbe rifarsi su chi andrà in pensione tra dieci, venti o trent’anni…