ROMA – I 1.900 esuberi già metabolizzati dai sindacati non bastano. Forse non saranno 3.000, ma probabilmente fra i 2.500 e i 2.700. Con le banche socie, poi, si dovrà trovare una soluzione soddisfacente in materia di ristrutturazione del debito, nonostante le ritrosia alla cancellazione e alla conversione in azioni. E il Governo, oltre ad offrire sponda ai lavoratori in uscita, dovrà fare la sua parte sul caso Malpensa e sulla necessità di puntare sulle rotte intercontinentali, tagliando il cosiddetto medio raggio. Sono queste le principali condizioni, poste da Etihad, sulle quali farà il punto il consiglio di amministrazione di Alitalia nella giornata di martedì alle 15.00 a Roma.
Tutti temi noti da giorni. Almeno da quando la prima lettera della compagnia emiratina è arrivata sul tavolo dell’a.d. Gabriele Del Torchio, che sono poi stati ripresi dalla risposta partita da Roma (al momento senza contro-risposta da Abu Dhabi), ma che non hanno ancora trovato una soluzione in grado di portare ad un accordo. Anzi, che ancora oggi rischiano di dividere in modo definitivo le parti. Proprio per questo l’opera di rassicurazione dell’a.d. (e il lavoro degli advisor Citi e JpMorgan) è continuata anche durante queste festività pasquali, in cui sono andati avanti i contatti telefonici fra Italia e Abu Dhabi. Per quanto riguarda gli esuberi, da tempo si parla di un taglio richiesto tra le 2.500 e le 3 mila unità, che secondo alcune indiscrezioni potrebbero essere ricollocate in aziende pubbliche (principalmente Poste, per altro coinvolta nella partita dopo l’investimento da 75 milioni di euro di qualche mese fa).
Alcune ricostruzioni indicano adesso l’intenzione, da parte del management di Alitalia, di puntare a un pre-accordo con i sindacati che prevede la cassa integrazione a zero ore per 1.000-1.100 dipendenti, opzione in grado di soddisfare le esigenze di efficientamento presentate dalla compagnia araba. Quanto alle rotte, Etihad avrebbe insistito per una riorganizzazione radicale, con un taglio per il medio raggio, un rafforzamento dell’intercontinentale e un forte impegno sulle infrastrutture necessarie per valorizzare Fiumicino.
Uno degli scogli più difficili da superare, stando alle voci, sarebbe invece quello dei debiti. La compagnia guidata da James Hogan insiste per un taglio di almeno 400 milioni di debiti verso le banche, su un miliardo circa in totale: Unicredit e IntesaSanpaolo non sarebbero però intenzionate a venire incontro alla richiesta, anche se perdere l’occasione di un rilancio della compagnia, e quindi del loro investimento, peserà non poco sulla loro posizione finale.
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