Confindustria lancia l’allarme: conti pubblici, deludono misure di crescita

ROMA – E’ condivisibile che “senza stabilità della finanza pubblica non è possibile lo sviluppo economico”, ma “è vera anche la relazione inversa: senza crescita è molto difficile conseguire la stabilità finanziaria”. E’ questa la posizione di Confindustria su Def e Pnr varati dal Governo, espressa dal dg Giampaolo Galli in audizione al Senato, che giudica il Pnr “deludente per quanto attiene alle azioni concrete” per crescita e competitività. “Serve uno scatto di orgoglio per affrontare le urgenze del Paese”.

L’impegno di risanamento indicato dal governo nel Def è “estremamente ambizioso”, con manovre il biennio 2013-2014 da “circa 39 miliardi, cifra ben superiore a quella di 25 miliardi approvata la scorsa estate”. Per Confindustria, indica il Dg Giampaolo Galli in audizione al Senato, “questi dati delineano uno sforzo di gran lunga superiore a quello compiuto negli anni ’90 per rispettare i parametri di Maastricht e partecipare fin dall’inizio alla moneta unica europea”.

”Lo sforzo di risanamento indicato dal governo è estremamente ambizioso”, ha indicato Giampaolo Galli nell’audizione congiunta su Def e Pnr delle Commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato. ”Per conseguire questi obiettivi – rileva Confindustria – il governo, oltre a confermare gli impegni già assunti, ne assume di ulteriori, prevedendo di varare una manovra di 2,3 punti di Pil per il biennio 2013-2014. L’impegno, secondo Via dell’Astronomia, ”è ancora più gravoso oggi, in un contesto reso difficile dalle conseguenze della crisi finanziaria globale e dalla perdita di competitivita’ accumulata nel nostro Paese”.

Considerando ”l’elevato livello della pressione fiscale” che non lascia margini di intervento su questo fronte, ”per avere successo, un simile sforzo richiede che si ridisegnino i meccanismi di spesa e lo stesso perimetro dello Stato nell’economia e nella società”. Senza questi cambiamenti – dice Confindustria – i tagli alla pesa potrebbero rivelarsi difficili da sostenere e rischiano di tradursi nel rinvio di spese necessarie o in forme occulte di debito pubblico”, come il ”debito verso fornitori”.

Preoccupano ”il taglio agli investimenti pubblici” che deriva ”in misura importante” dalla compressione della spesa primaria. ”Scenderebbero a 27 miliardi già nel 2012, erano 38 miliardi nel 2009. Si tratta di una diminuzione consistente che avrà effetti di lungo periodo sull’infrastrutturazione del Paese ed è in contrasto con le raccomandazioni dell’Unione Europea, che chiede di effettuare il risanamento senza penalizzare la spesa in infrastrutture”.

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