Nuoto da venti anni ogni giorno che posso di ogni stagione nel Mar Ligure che è il mio mare. Nuoto sempre se c’è il sole con ogni temperatura a corpo nudo in una simbiosi assoluta con l’acqua. E misuro la sua temperatura ogni giorno sulla mia pelle ovviamente, ma anche con il termometro. Così so da questi venti anni come sta il nostro mare del quale finalmente tutti si accorgono, scoprendo il suo calore in vertiginosa salita e i pericoli che innesca.
La terribile tempesta che ha distrutto Valencia nelle settimane scorse è stata spiegata con l’incontro tra le correnti fredde del Nord e la temperatura calda del Mediterraneo, uscito da un estate rovente. E la nuova tempesta alluvionale sulla Sicilia siccitosa di questi mesi e la nuova goccia fredda su Malaga?
Oramai grazie a lustri di riscaldamento delle acque continuo e incessante, che anche i metereologi più attenti si sono lasciati sfuggire, il nostro mare è diventato una miccia.
Oramai è come un immenso deposito di benzina, che il cerino di una perturbazione fredda, la famosa goccia, fa esplodere. Chi sarà colpito dipende solo da dove questa goccia picchia.
Alla mia Liguria è toccato molte volte in passato, anche decine di anni fa ed anche di recente, quando Genova, le Riviere sono state colpite dalle devastanti alluvioni, incominciate nel 1970 e poi per anni quasi ininterrottamente, forse oggi un po’ meno distruttive perché l’uomo qualcosa ha imparato e tra allerte e contromisure i danni sempre ingenti vengono contenuti.
Ma le bombe d’acqua, i temporali rigeneranti, quella pioggia che produce accumuli mai visti in tempi ridottissimi oramai esplodono impunemente un po’ ovunque, anche alle nostre latitudini.
E la spiegazione ovvia e finalmente conclamata è quella del riscaldamento delle acque marine, prima grande conseguenza del riscaldamento globale. Quello che fa sciogliere gli iceberg ai Poli e qui nel “mare nostrum” porta temeprature mai viste.
Il mare oramai resta caldo e pericoloso ed anzi la sua condizione climatica peggiora, mentre le sue acque cambiano non solo per la temperatura ma per la fauna e la flora che erano il suo patrimonio e che si stanno modificando in modo impressionante con l’ingresso di altre specie e la modificazione della preziosissima flora, ricca di difese per la qualità dell’acqua e anche delle coste tra coralli e poseidonie, quelle distese di alghe che garantiscono, e sarebbe meglio dire garantivano, i fondali.
I moderni sistemi di pesca industriale, per fortuna alle nostre latitudini meno invasivi, stanno modificando questi decisivi equilibri della natura.
Questa estate, quando l’acqua era a 30 gradi, nuotavo anche con qualche disagio e ho visto con i miei occhi la famosa tartaruga carretta, un animale lungo più di un metro e mezzo e largo altrettanto nuotare verso la riva per deporre le uova che poi dischiudendosi sono diventate uno spettacolo mediatico di grande successo, non certo mediterraneo. Assolutamente inedito nel mar Ligure e ripetuto più volte per un istinto infallibile delle tartarughe a viaggiare solo sulle coste sabbiose della Liguria.
La boa di capo Mele, il promontorio più esterno della Liguria, vicino all’arrivo della tartaruga, ha misurato questa estate fino a 32 gradi di temperatura, un record senza precedenti.
Insieme alla tartaruga ho visto guizzare, vicino alle mie bracciate, grandi pesci serra con dimensioni che non avevo mai incontrato e altri pesci oltre di un metro e mezzo di lunghezza, che per mia fortuna non erano squali o verdoni, ma le cui dimensioni assomigliavano a quei predatori, che oramai si avvicinano anche alle nostre coste, mentre fino a qualche anno fa si incontravano solo al largo o nelle reti di qualche peschereccio di altura.
Il riscaldamento del mare impressiona per la rapidità con la quale sta avvenendo.
Quindici anni fa in pieno inverno capitava di nuotare a temperature di 10 gradi, 10 gradi e mezzo e dopo dicembre l’acqua non saliva mai oltre i 12 gradi. Oramai da sei sette anni il termometro non scende più sotto i 14, salvo rarissime puntate a 13 – 13,5.
In cinque, sei anni è cambiato tutto. Oggi, pieno novembre 2024. la temperatura oscilla tra i 19 e 20 gradi, tanto è vero che incontro sempre più gente in mare in questo periodo che abitualmente era sfruttato solo da nuotatori del tempo avverso come me.
Nell’ultima estate, oltre agli incontri imprevisti ed anche un po’ inquietanti, in un primo momento l’impressione era spesso di incontrare zone nelle quali l’acqua era addirittura insopportabile per il calore, molto di più di una piscina riscaldata, quasi quando una vasca da bagno veramente calda. Come se dal mare uscissero sbuffi di calore, l’effetto simile a quello del più potente riscaldamento invernale in una stanza chiusa.
Bisognava tuffarsi e scendere di almeno un metro per trovare un po’ di refrigerio. Sperando di non incontrare l’ultima generazione delle meduse, l’altra grande novità dell’ultimo decennio, l’invasore spesso talmente numeroso da bloccare per giorni la balneazione.
Anche davanti a questa novità si misurano grandi novità. Arrivano meduse sempre diverse e di dimensioni e colori sempre differenti con l’interrogativo sulla loro pericolosità che cresce. Da quelle bianche con contorni blu, alle violacee dai lunghi filamenti che possono colpire anche lontano e provocare bruciature dalle conseguenze imprevedibili.
E poi arrivano dall’Atlantico i grandi cicloni che minacciano di invadere il nostro mare, ai quali i metereologi si divertono a affibbiare nomi esotici, in una gara con gli anticicloni che arrivano sempre più spesso dall’Africa e determinano i nuovi ritmi stagionali. Insomma siamo circondati climaticamente da fenomeni nuovi e tra una bracciata e l’altra misuriamo mutazioni epocali.