Anatocismo. Cassazione: Bpm deve restituire somme interessi

Anatocismo. Cassazione: Bpm deve restituire somme interessi
Anatocismo. Cassazione: Bpm deve restituire somme interessi

ROMA – Anatocismo. Cassazione: Bpm deve restituire somme interessi. Vittoria del Codacons in Cassazione sullo spinoso tema della restituzione degli interessi anatocistici dichiarati ‘fuorilegge’ dal 1999: sancito il diritto dei rappresentanti dei consumatori ad ottenere inibitorie a carico delle banche che rifiutano di restituire il ‘maltolto’.

La Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso con il quale la Banca Popolare di Milano contestava il diritto del Codacons ad aver ottenuto, in primo grado e in appello, l’inibizione nei confronti della banca dal continuare “a rifiutarsi di restituire alla propria clientela le somme indebitamente percepite, dall’inizio di ogni rapporto fino al 22 aprile 2000, in applicazione della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi”. Davanti ai supremi giudici, Bpm ha contestato che l’inibitoria possa avere un contenuto positivo, come quello di condannare la banca alla restituzione, che sarebbe una “inammissibile” imposizione a ‘facere’.

La tesi non ha fatto breccia tra gli ‘ermellini’. “Se è vero che il concetto di inibitoria potrebbe evocare l’idea di una condotta avente un contenuto negativo (di ‘non fare’), – ha replicato la Cassazione – non si può dubitare che, nel caso in cui la violazione dei diritti dei consumatori e degli utenti sia attuata con una condotta omissiva (mediante il rifiuto di riconoscere un diritto), l’imposizione di un ‘facere’ costituisce uno strumento necessario e consentito dalla legge 281 del 1988 (e ora dal Codice del consumo), in base al quale il giudice può, non solo, inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti, ma anche adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate”.

Per questa ragione i supremi giudici – sentenza 19713 depositata oggi – hanno confermato l’ordine di inibitoria a Bpm pronunciato dalla Corte di Appello di Milano nel 2010, conforme al verdetto di primo grado del 2004. La vittoria del Codacons – spiega la Cassazione – non implica “un positivo riconoscimento dei diritti dei singoli clienti, da perseguire eventualmente, nell’ambito di giudizi individuali aventi ad oggetto specifici rapporti contrattuali con essi”, ma deve essere intesa come “una pronuncia a tutela degli interessi collettivi”.

In pratica, Bpm potrà difendersi nelle eventuali cause individuali “che i singoli clienti potranno promuovere a tutela dei loro diritti individuali”, ma rimane il fatto che il verdetto ottenuto dal Codacons segna un punto a vantaggio dei correntisti perché “è strumentale alla tutela dell’interesse comune dei clienti della banca, che si concretizza in una pronuncia di accertamento che, a prescindere dalle peculiarità delle singole posizioni individuali, sia idonea ad agevolare le iniziative individuali, sollevando i singoli consumatori dai relativi oneri e rischi”.

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