ROMA – Stop alla spesa o allo shopping la domenica. Come già preannunciato nelle scorse settimane, Movimento 5 stelle e Lega si preparano a rivoluzionare la settimana lavorativa, reintroducendo l’obbligo di chiusura la domenica e nei giorni festivi per i negozi. Unica eccezione, gli esercizi commerciali delle località prettamente turistiche. Tra le varie proposte presentate in Parlamento sembra prevalere quella che prevede pochissime deroghe: otto in tutto l’anno, ossia le quattro di dicembre ed altre quattro negli altri mesi, ancora da stabilire.
Un giro di vite che pentastellati e leghisti intendono mettere a punto dopo una serie di audizioni in commissione, con l’obiettivo di mandare in soffitta le liberalizzazoni di Monti, che rispondevano ad un’altra situazione economica, è il ragionamento delle due forze di maggioranza, ma che ora vanno a incidere negativamente sulle piccole realtà, senza dimenticare l’importanza del trascorrere i giorni festivi, tanto più la domenica, con la propria famiglia. Sono state incardinate in commissione Attività produttive della Camera 4 proposte di legge: una della Lega, a prima firma della presidente della commissione Barbara Saltamartini, una dei 5 stelle, una del Pd e una di iniziativa popolare.
“Oggi in commissione abbiamo iniziato l’iter per rivedere le assurde liberalizzazioni del governo Monti sugli orari di apertura degli esercizi commerciali. Cambiamo rotta per non penalizzare più i piccoli commercianti e le botteghe storiche, e ridare a lavoratori e famiglie la libertà della domenica”, annuncia su facebook Saltamartini.
E la capogruppo leghista in commissione Attività Produttive Giorgia Andreuzza, spiega: “Occorre una rivisitazione della normativa che da una parte non penalizzi il commercio, in particolare quello di prossimità e le botteghe storiche e, dall’altra, restituisca ai cittadini e alle famiglie una dimensione socio-economica più a misura d’uomo, riscoprendo il gusto e il valore della domenica e delle festività”.
Per il presidente del Comitato Nazionale italiano della Camera di Commercio Internazionale, Ettore Pietrabissa, però le nuove norme andrebbero “in controtendenza con il momento che viviamo, in cui i consumi, le aziende e imprese che investono devono essere più sostenute e agevolate. Il provvedimento che lasciava ai commercianti la decisione se aprire o chiudere la domenica era stato preso all’epoca di Monti per consentire un ulteriore sviluppo dei consumi. Il nostro paese ne ha bisogno per far progredire ricchezza, Pil, sviluppo economico”, conclude Pietrabissa. Positiva invece la reazione di Confesercenti: “importante dare un segnale”.
La proposta targata Lega è la più ‘rigida’ e mira ad eliminare la possibilità di aperture domenicali, salvo rare e ben specificate eccezioni. Nel testo introduttivo che accompagna la proposta si legge infatti: viene ripristinato “l’obbligo di chiusura domenicale e festiva degli esercizi commerciali, ad eccezione di quelli ubicati in località turistiche e di montagna e di quelli balneari, per i quali l’orario di apertura e chiusura non è soggetto ad alcun obbligo”.
Per la Lega la “liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali ha messo a rischio la sopravvivenza di molti piccoli negozi al dettaglio, esponendoli a una dura concorrenza con la grande distribuzione”. Inoltre, “il vantaggio di tale revisione ricadrebbe anche sui consumatori che, pian piano, riscoprirebbero il piacere di riappropriarsi di alcuni valori all’interno del contesto sociale in cui vivono come, ad esempio, quello di trascorrere le festività in famiglia o di impiegare il proprio tempo libero passeggiando all’aria aperta o nei piccoli centri”.
La proposta di legge prevede poi che siano le regioni “a regolamentare la disciplina degli orari nell’ambito della materia residuale del commercio, riconoscendo loro la possibilità, d’intesa con gli enti locali, di adottare un piano per la regolazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali, secondo logiche che siano maggiormente rispondenti alla natura commerciale dei territori locali, tutelando, in ogni caso, le piccole realtà imprenditoriali”.
In sostanza, il testo a prima firma Saltamartini prevede “l’obbligo della chiusura domenicale e festiva dell’esercizio”. Tuttavia, “sono individuati i giorni e le zone del territorio nei quali gli esercenti possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva. Tali giorni comprendono le domeniche del mese di dicembre, noncheé ulteriori quattro domeniche o festività nel corso degli altri mesi dell’anno”.
Anche la proposta di legge dei 5 stelle, a prima firma Davide Crippa, ha come obiettivo quello di ripristinare le chiusure domenicali, riaffidando alle regioni la competenza in materia. Le nuove norme proposte dai pentastellati si rivolgono anche alle “forme speciali di vendita al dettaglio e legate all’e-commerce: nei giorni festivi il consumatore potrà continuare a collegarsi ai siti di e-commerce, scegliere e completare l’ordine di un prodotto, ma dovrà essere chiaro che l’attività commerciale in questione, se si svolge in Italia, non sarà esercitata in alcune delle sue fasi”.
Come la proposta della Lega, anche quella dei 5 stelle esclude dall’obbligo di chiusura domenicali i negozi che si trovano in centri turistici. Infine, saranno le regioni, in accordo con le associazioni di categoria, a predisporre un piano che “preveda in ogni comune un 25 per cento degli esercizi aperti per settore merceologico in ciascuna domenica o giorno festivo, comunque non oltre il massimo annuo di dodici giorni di apertura festiva per ciascun esercizio commerciale”.
Più ‘morbida’, infine, la proposta targata Pd, a prima firma Gianluca Benamati che, “pur mantenendo il principio generale secondo il quale le attività commerciali sono svolte senza dover rispettare orari di apertura e chiusura, individua una serie di eccezioni”. Per dodici giorni festivi l’anno gli esercizi commerciali devono rispettare orari di apertura e chiusura domenicale e festiva. Viene però consentito a ciascun esercente di vendita al dettaglio di derogare all’obbligo di chiusura fino ad un massimo di sei giorni individuati liberamente tra dodici festività: 1 gennaio; Epifania; 25 Aprile; Pasqua e Pasquetta; Festa del lavoro; Festa della Repubblica; Ferragosto; Ognissanti; Immacolata Concezione; Natale; Santo Stefano.