Un bonus che contempla anche il familiare con a carico: più di 2.000 euro dallo Stato per coprire particolari spese.
I bonus statali e regionali volti a sostenere le famiglie o i lavoratori in difficoltà economiche partono sempre da obiettivi specifici e si esplicano assecondando delle finalità circoscritte. Per questo, la maggior parte dei bonus e delle agevolazioni non contempla il familiare non a carico. Gli aiuti, essendo studiati e applicati per affrontare esigenze specifiche, non sono quasi pensati per coprire l’intero nucleo familiare, ovvero per supportare i contribuenti per le spese che non riguardano direttamente loro stessi o i conviventi (come i figli, per esempio).
Di base c’è anche un problema di fondi. Estendere i bonus a tutti i familiari, anche a quelli non a carico, aumenterebbe a dismisura i costi per lo Stato, rendendo ancora più complicata la gestione del bilancio pubblico e degli aiuti. Ci sono tuttavia situazioni in cui anche un familiare non a carico (perché fiscalmente autonomo o perché a carico di un altro nucleo familiare) può essere oggetto di un bonus per un contribuente.
Prendiamo il caso di un anziano ricoverato od ospitato in una RSA. Anche se non a carico del figlio, potrebbe non aver provveduto a pagare da sé la retta per la struttura. In questo senso, il contribuente che, in qualità di figlio, ha pagato o paga la retta ha comunque diritto a portarne in detrazione la spesa per assistenza medica specifica. L’aiuto in questione è stato introdotta con l’articolo 15 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Si tratta di una detrazione che consente di ridurre l’IRPEF per le spese sostenute per l’assistenza personale, inclusi i costi delle case di cura.
A seguito di ricovero in una RSA, il contribuente può portare in detrazione il 19% delle spese sostenute per l’assistenza personale prestata a un soggetto non autosufficiente, se l’autosufficienza è attestata da un’opportuna certificazione medica. E per legge, l’onere è sempre usufruibile dal soggetto che ha pagato, anche se il familiare ricoverato non è fiscalmente a carico. Ciò che importa è capire da cui sia arrivato effettivamente il pagamento.
La spesa, in questo senso, va in detrazione entro una certa soglia: il massimo annuo è di 2.100 euro. In base a ciò, si possono recuperare fino 399.00 euro su un reddito complessivo che non deve trascendere il tetto di 40.000 euro. I relativi corrispettivi devono essere certificati distintamente rispetto alle altre prestazioni fornite dalla casa ospitante. Bisogna conservare le fatture (i movimenti devono essere sempre tracciabili). Con i pagamenti in contanti, in pratica, niente bonus.
A usufruire del bonus è dunque il soggetto che ha pagato la spesa. La detrazione delle spese per la retta delle residenze sanitarie assistenziali si gode ovviamente sul 730. E, secondo l’attuale normativa, è ancora possibile detrarre il 19% delle spese sostenute. Come anticipato, la detrazione è applicabile su un importo massimo di 2.100 euro all’anno, a condizione che il reddito complessivo del contribuente non superi i 40.000 euro.
Bisogna però fare molta attenzione alle condizioni, dato che il bonus è riservato esclusivamente alle persone non autosufficienti, cioè a coloro che necessitano di assistenza continua per svolgere le attività quotidiane di base (deambulare, alimentarsi, espletare funzioni fisiologiche, provvedere all’igiene personale, eccetera). Ci vuole quindi un certificato medico.