Lasciare il lavoro a 62 con una misura di prepensionamento davvero conveniente: il Governo potrebbe avere in mano la soluzione tanto attesa.
Quando si parla di canali di uscita anticipata dal lavoro, il primo pensiero è sempre relativo all’entità delle penalizzazioni celate nella proposta. In generale, infatti, tutte le misure che offrono la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro per andare in pensione prima dei 67 anni comportano una riduzione del peso dell’assegno previdenziale o altri svantaggi evidenti. Non è sempre è così. O non per forza.
Esiste anche una pensione anticipata, raggiungibile a 62 anni, che potrebbe essere definita conveniente. Una misura nuova, le cui condizioni appaiono eque, non penalizzanti. L’unico difetto di tale canale di uscita anticipato è la sua inattualità. Nel senso che non è ancora attivo.
Nel 2024, diversi lavoratori potrebbero arrivare alla pensione a 62 anni sfruttando per esempio quota 103. Si tratta di una misura che permette il pensionamento di un lavoratore a partire dal sessantaduesimo anno di età, a condizione che abbia maturato almeno 41 anni di contributi, di cui 35 effettivi da lavoro. Con il problema, però, della riduzione dell’assegno finale.
Quota 103 prevede infatti che il lavoratore accetti un ricalcolo contributivo della pensione, ovvero un assegno più basso rispetto a quello che avrebbe ottenuto con il calcolo ordinario della prestazione, cioè misto. E non è tutto, poiché la pensione liquidata, secondo la normativa, non può eccedere le quattro volte il trattamento minimo INPS.
Per il 2025 già si discute di una possibile proroga della quota 103. Si tratterebbe di soluzione provvisoria, utile al Governo per guadagnare tempo in attesa di una riforma delle pensioni più conveniente per i lavoratori e, soprattutto, libera dai vincoli della riforma Fornero. Prima di vincere le elezioni, i partiti dell’attuale maggioranza avevano infatti promesso di smantellare l’attuale sistema per proporre pensioni più alte e raggiungibili a un’età più bassa.
Qualcuno parla anche di una nuova quota 104, che innalzerebbe l’età a 63 anni. Dopodiché il Governo proverà a dar forma a una nuova misura, che in teoria dovrebbe permettere di andare in pensione a 62 anni con un trattamento conveniente. Questo è cioè che si promette. In pratica, però, l’INPS ricorda all’esecutivo che non ci sono fondi per poter cambiare il penalizzante e inviso sistema attuale.
Lavoratori e sindacati chiedano misure senza tagli o penalizzazioni, magari una nuova versione di uscita anticipata con ricalcolo contributivo della prestazione. Ma i contributi sono il problema principale per molti lavoratori italiani, dato che in pochi hanno effettivamente versato più di vent’anni continuativi di contribuzione. La regola è però chiara: meno contributi implicano un calo dell’assegno.
Qualcosa però potrebbe cambiare con formule come garanzia giovani o nuove pensioni flessibili. Il vantaggio sarebbe soprattutto per chi non avrebbe diritto al calcolo retributivo completo, come spetta a chi aveva già 18 o più anni di contributi al 31 dicembre 1995. La pensione di garanzia per prevenire assegni pensionistici insufficienti potrebbe insomma andare incontro ai precari con un sistema più flessibile e sostenibile, lasciando pensare anche a uscite a 62 anni senza troppe penalizzazioni.
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