Pensione con contributi discontinui: ecco come l’INPS agevola i dipendenti che hanno svolto lavori frammentati o stagionali.
I lavoratori con contratti stagionali e lavori discontinui devono calcolare i contributi ai fini pensionistici secondo regole specifiche. Si parla appunto di contributi discontinui. E proprio per garantire un riconoscimento equo per ogni periodo di lavoro, anche se frammentato, l’INPS applica un conteggio particolare e offre ai lavoratori varie agevolazioni. Da un lato c’è la disciplina speciale per la maturazione del diritto alla pensione e dall’altro ci sono dei bonus specifici, atti a rendere più conveniente il versamento di contributi.
L’INPS offre infatti vari bonus e incentivi per i lavoratori stagionali e intermittenti. Come per esempio il bonus da 200 euro per chi ha lavorato almeno cinquanta giornate e ha un reddito non superiore a 35.000 euro. Poi c’è l’esonero contributivo: per molte assunzioni con contratto subordinato a tempo determinato o stagionale, sono previste forme di esonero dal versamento del 50% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro per un periodo massimo di dodici mesi.
E poi è sempre possibile il riscatto dei periodi non coperti da contribuzione, così come disciplinato ai sensi dell’articolo 20, commi 1-5, del decreto-legge n.4 del gennaio 2019, poi convertito con modificazioni in legge con la norma n. 26 del 28 marzo 2019.
Le regole sono le stesse per tutti i lavori discontinui. Parliamo dunque di contratti a chiamata, lavori occasionali e altre forme di lavoro non continuativo. La notizia, quindi, è che è possibile andare in pensione anche con contributi discontinui, come appunto quelli derivanti da lavori stagionali, intermittenti o a chiamata.
Secondo legge, i contributi versati tramite contratti stagionali e lavori discontinui vengono conteggiati per la maturazione del diritto alla pensione anche se i periodi di lavoro sono frammentati. Per i lavoratori iscritti all’AGO (cioè l’assicurazione generale obbligatoria), l’ottenimento della pensione di vecchiaia è vincolata al requisito di almeno vent’anni di contributi, quindi di un periodo pari a duecentosessanta settimane. E anche nel caso in cui i contributi siano stati versati in modo discontinuo, per l’INPS ogni periodo di cinquantadue settimane di lavoro viene riconosciuto come un anno intero di contributi.
Poi c’è la questione dei contributi figurativi. In caso di periodi di disoccupazione involontaria, malattia o infortunio, i lavoratori stagionali possono sempre accedere ai contributi figurativi, che vengono riconosciuti ai fini pensionistici per evitare penalizzazioni. L’INPS permette anche il riscatto dei contributi mancanti per accedere alla pensione.
Il servizio permette di richiedere il riscatto parziale o totale dei periodi non coperti da contribuzione nella misura massima di cinque anni, nei periodi successivi al 1995 e precedenti al 29 gennaio 2019. Ma solo per gli iscritti all’AGO. Tale possibilità è disponibile per gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e reversibilità (l’assegno che spetta ai superstiti dei lavoratori dipendenti).
La pace contributiva può essere interpretata come un’utile finestra temporale in cui è possibile il recupero degli anni scoperti da contribuzione con il versamento fino a cinque anni di contributi mancanti. Tale possibilità aiuta anche i lavoratori discontinui ai fini del calcolo degli anni che mancano alla pensione. La domanda per il riscatto si può presentare fino al 31 dicembre 2025.
E va anche alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e alla gestione separata (di cui all’articolo 2, comma 26, legge 8 agosto 1995, n. 335) privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione. Il punto è permettere la fattispecie denominata totalizzazione dei contributi.
L’INPS presenta queste possibilità come nuove opzioni di “inclusione”. Ovvero come opportunità specifiche per i lavoratori che hanno versato contributi in diversi periodi e con diverse modalità. La possibilità è quella di totalizzare i contributi per raggiungere i requisiti necessari per la pensione.
Il requisito fondamentale per accedere alla possibilità del riscatto è dunque l’iscrizione dell’interessato a uno dei regimi previdenziali citato. Poi è anche necessario che il richiedente non sia titolare di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. Con l’acquisizione di anzianità assicurativa anteriore al 1° gennaio 1996, chiarisce l’INPS, arriva l’annullamento d’ufficio del riscatto già effettuato, con restituzione dell’onere al soggetto che lo ha versato senza riconoscimento di maggiorazioni a titolo di interessi.
Per chi ha lavorato all’estero, l’INPS permette di poter conteggiare anche i contributi versati in altri Paesi, ma solo a determinate condizioni. Non ci sono problemi se il lavoro è stato svolto in Paesi dell’UE o in uno Stato con cui l’Italia ha stipulato una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale. Per i lavori svolti in luoghi senza convenzione con l’Italia, i contributi versati potrebbero non essere riconosciuti ai fini pensionistici in Italia. Va ricordato però che ogni Stato calcola la pensione in base ai contributi versati nel proprio sistema previdenziale.
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