ROMA – Articolo 18. Jobs act al traguardo: quando c’è reintegro, quanto vale l’indennizzo. Si stringono i tempi per il sostanziale addio all’articolo 18: nel decreto sul contratto a tutele crescenti che il Governo dovrebbe approvare il 24 dicembre in attuazione della delega sul lavoro dovrebbe essere inserita la possibilità di reintegrare il lavoratore in caso di licenziamento disciplinare ingiustificato solo nel caso in cui il giudice rilevi che il “fatto materiale non sussista”.
Quindi rispetto alla riforma Fornero si restringe al fatto materiale (nella legge del 2012 si parlava genericamente di fatto) e si elimina la parte che faceva riferimento a quanto previsto dai contratti collettivi sulle sanzioni. E’ possibile che comunque venga indicata, a fronte dei reintegro sul licenziamento disciplinare ingiustificato, la possibilità del datore di lavoro di scegliere comunque l’indennizzo magari più alto.
Oggi il Governo incontra imprese e sindacati sui decreti delegati, al tavolo a Palazzo Chigi convocato dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, ma con tutta probabilità il confronto si concentrerà sui primi due decreti annunciati, quello sul contratto a tutele crescenti e quello sull’Aspi anche se per quest’ultimo i tempi potrebbero allungarsi, presentando un primo schema il 24 e definendo la norma nei dettagli dopo le feste.
Sul contratto a tutele crescenti (Susanna Camusso della Cgil lo ha chiamato “contratto a monetizzazione crescente”) resta ancora aperta la questione dell’indennizzo in caso di licenziamento illegittimo (crescente appunto con l’anzianità contributiva del lavoratore) ma l’intenzione sembra quella di prevedere una forbice tra i 4 e i 24 mesi di retribuzione. Una forbice legata comunque al resto delle norme contenute nel decreto. Ha scritto Claudio Tucci su Il Sole 24 Ore:
In via di soluzione la partita dell’indennizzo minimo, da introdurre per evitare eventuali licenziamenti nella prima fase del contratto a tutele crescenti. In caso di giudizio, l’indennizzo per licenziamento economico illegittimo, parte da 1,5 mensilità per anno di servizio fino a un massimo di 24. Qui verrebbe introdotto un indennizzo minimo, una sorta di “scalino”, da far scattare subito dopo il periodo di prova: si starebbe ragionando su 3-4 mensilità (e non più 6). Verrebbe introdotto anche un indennizzo minimo in caso di conciliazione standard, dove l’indennizzo-base parte da una mensilità fino ad arrivare a 16.
L’indennizzo minimo verrebbe fissato a due mensilità, e inoltre avrebbe pure il vantaggio dell’esenzione fiscale per rendere la fase conciliativa più vantaggiosa. Si avvia verso definizione anche la questione, delicata, delle piccole imprese, quelle sotto i 16 dipendenti, oggi escluse dall’articolo 18. Si ipotizza di farle rientrare comunque nel campo di applicazione delle nuove regole, ma con un correttivo, per evitare penalizzazioni rispetto alla situazione attuale: tutti gli importi degli indennizzi verrebbero dimezzati, e ci sarebbe comunque un tetto a 6 mensilità (oggi le piccole aziende in caso di licenziamento economico illegittimo pagano da 2,5 a 6 mensilità).
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