Art. 18: licenziare i giovani resta più facile, Pmi contro la tassa Aspi

ROMA – Riforma dell’articolo 18 ai “supplementari” ma con risultato già scritto: resta da vedere se ci sarà il decreto (Monti forza la mano e blinda il testo) o la legge delega (ai partiti e Napolitano la patata bollente di un ulteriore compromesso). Risultato raggiunto grazie a un buon “equilibrio per sottrazione” (Il Sole 24 Ore) dove cioè ognuno rinuncia a qualcosa: la somma delle rinunce ricompone il conflitto, assicura il compromesso. C’è chi rinuncia fino a un certo punto, come la Cgil e come le piccole imprese: la prima non digerisce la manomissione dell’art. 18, i secondi (artigiani, commercio) non vogliono accollarsi i costi degli indennizzi e dei fondi di solidarietà.

Alcuni punti critici sono infatti tutt’altro che limpidi. Sia pur ristretto, l’articolo 18 si applicherà a tutti, assicura Fornero. Cioè non solo ai nuovi assunti, non solo alle aziende con più di 15 dipendenti. Nel caso dei licenziamenti discriminatori (sesso, religione ecc..) resta confermato, dunque valeva già prima, l’impianto dell’articolo 18 che impone al giudice il reintegro a prescindere dalla dimensione dell’impresa. Dimostrare la discriminazione è sempre molto difficile, i datori di lavoro non vi ricorrono, ma saranno tentati di surrogare la discriminazione con il motivo economico, dicono alla Cgil.

Nel caso dei licenziamenti disciplinari il giudice deciderà sui casi più gravi di ingiusta causa con il reintegro, negli altri con l’indennizzo (tra le 15 e le 27 mensilità). Per i licenziamenti economici varrà sempre l’indennizzo. Qui, se vale l’estensione dell’articolo 18 a tutti, scattano indennizzi gravosi per le aziende sotto i 5 dipendenti. Per loro c’è chi parla di “giallo sulla tassa licenziamenti”. Quel trattamento, oltre i 5 dipendenti, è previsto già  dalla legge 223 del 1991: l’accordo con il sindacato fa scattare la mobilità per due anni per il lavoratore, altrimenti c’è libertà di licenziare secondo i criteri che terranno conto di anzianità lavorativa e carichi familiari.

Qui c’è l’altro nodo: un po’ meno precarietà in entrata, secondo il principio dell'”equilibrio per sottrazione”, vale la penalizzazione sistematica dei più giovani? Uno strumento in meno che obblighi al reintegro forzato vale per la piccolissima azienda e il normale esercizio, il costo aggiuntivo per finanziare il fondo solidarietà e la tassa Aspi (assicurazione sulla disoccupazione) pari all’1,4% nei contratti a termine?

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