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Assegni non incassati (spesso a se stessi): 634 milioni di euro dimenticati per sempre

di Redazione Blitz |8 Luglio 2019 11:11

Assegni non incassati (spesso a se stessi): 634 milioni di euro dimenticati per sempre

Assegni non incassati (spesso a se stessi): 634 milioni di euro dimenticati per sempre

ROMA – Negli ultimi dieci anni lo Stato ha accumulato un tesoro da 634 milioni di euro costituito da assegni circolari non incassati dai beneficiari, per dimenticanza o soprattutto ignoranza delle leggi. Questi assegni circolari, utilizzati ad esempio come cauzioni in aste poi non riscosse, o come depositi a garanzia di danni poi non incassati, hanno una scadenza, vivono tre anni, dopo di che escono dalla disponibilità dei titolari per confluire, a norma di legge, in un fondo dello Stato.

Nel 60% dei casi, peraltro, ordinante e beneficiario coincidono: succede spesso, specie per ragioni di convenienza fiscale, magari per abbassare il livello Isee o più semplicemente per far apparire meno consistente il proprio patrimonio nell’eventualità di riscossioni coatte. Più in generale succede che sebbene i titolari o i loro parenti debbano essere avvertiti per legge da banche e intermediatori finanziari della scadenza imminente, questi si trincerino dietro la giustificazione dell’impossibilità burocratica di ricevere per esempio un certificato di morte oppure l’ultimo indirizzo di un beneficiario. 

I 634 milioni, infine, sono la quota di assegni di un tesoro più grande del valore di due miliardi euro, tutti rapporti cosiddetti “dormienti”, costituito da conti correnti non movimentati per dieci anni, polizze vita non riscosse, e appunto assegni circolari non incassati. La Corte dei Conti, che ha esaminato il dossier e fornito il rapporto più aggiornato, ha concluso che “sui rapporti potenzialmente dormienti è necessario dare vita, anche attraverso l’utilizzo dell’anagrafe tributaria, a una serie di action plan per rafforzare le attività di riscontro dei decessi e l’identificazione e ricerca dei beneficiari al fine di escludere l’ipotesi di ‘dormienza’”. (fonte La Repubblica)

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