Una mancata comunicazione e scatta la sospensione dell’assegno di inclusione: modelli e analisi per individuare abusi.
Con il messaggio numero 3624, l’INPS ha cercato di mettere in chiaro come funzioneranno i controlli sui beneficiari dell’assegno di inclusione per applicare la sospensione dell’aiuto in caso di una mancata comunicazione. L’istituto agirà attraverso la consultazione dei dati presenti negli archivi informatici a sua disposizione. Sfrutterà dunque i cosiddetti scenari di rischio (analisi incrociata di dati storici e aggregati, indicatori di anomalie e algoritmi per identificare comportamenti o pattern che rivelano un sospetto).
Attualmente, l’assegno di inclusione, l’aiuto destinato a sostenere le famiglie in condizioni di difficoltà economica, è concesso a nuclei composti da disoccupati o inoccupati con minori, disabili, donne in gravidanza o persone oltre cinquantacinque anni. E con ISEE familiare inferiore a 9.360 euro. Conta anche il reddito annuo, che non deve superare i 6.000 euro per i nuclei familiari composti da una sola persona (con incrementi proporzionali per i nuclei più grandi).
Poi, esclusa la prima casa di abitazione, il patrimonio immobiliare non deve superare i 30.000 euro. E ci sono limiti anche per il patrimonio mobiliare, quindi per depositi, conti correnti, eccetera… I soldi in banca o alla Posta non possono eccedere i 6.000 euro per il singolo richiedente. Sono tollerati lavori occasionali, ma solo se gli introiti per il beneficiario si arrestano alla somma annua di 3.000 euro.
Controllando i dati presenti nei sistemi informatici, l’INPS si è messo alla caccia di possibili discrepanze tra i redditi dichiarati e i dati ricevuti dai datori di lavoro. In base alla norma, infatti, i beneficiari dell’AdI sono obbligati a comunicare l’avvio di un’attività lavorativa dipendente entro trenta giorni dall’inizio della stessa. Una procedura da attuare tramite il modello ADI-Com Esteso.
E se entro il limite temporale stabilito non arriva alcuna comunicazione, l’erogazione dell’assegno di inclusione subirà una sospensione fino a tre mesi. Inoltre, precisa l’INPS, se la comunicazione non dovesse avvenire entro questo ulteriore termine, il diritto all’assegno decadrà automaticamente.
Come spiegato, però, il reddito da lavoro fino a 3.000 euro lordi annui non concorre alla determinazione dell’importo dell’Adi. E qualsiasi eccedenza viene considerata a partire dal mese successivo alla variazione della condizione occupazionale. A ogni modo è importante non nascondere nulla all’INPS. Per evitare la sospensione del beneficio bisogna comunicare tempestivamente di aver avviato qualsiasi tipo di attività lavorativa.
Lo stabiliscono l’articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 48/2023, e l’articolo 8, comma 8, del D.M. n. 154/2023: in caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso di fruizione dell’AdI, è necessario provvedere alla comunicazione del reddito derivante dall’attività all’INPS entro trenta giorni. In caso contrario l’aiuto sarà sospeso fintanto che non si sia ottemperato a tale obbligo.
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