Cresce il prezzo dell’oro giallo, ma anche l’oro verde non scherza… e in Italia si torna a parlare di pericolo relativo alla sofisticazione.
L’andamento dei prezzi di beni alimentari, nonostante il calo dell’inflazione, è ancora in salita. L’ISTAT ha registrato una leggera ma preoccupante accelerazione su base tendenziale: a settembre 2024, i prezzi dei prodotti alimentari (ma anche quelli per la cura della casa e della persona) sono aumentati dell’1,1% rispetto all’anno scorso. Il dato è netto rispetto ai mesi precedenti, dove l’incremento era stato dello 0,6%.
Preoccupa molto anche l’aumento del prezzo dell’olio extravergine d’oliva e di altri oli alimentari. Anche qui, nonostante il rallentamento del tasso di inflazione (al +1,1%), l’olio continua a costare sempre più chiaro. E l’aumento non è in linea con la crescita dei prezzi del settore alimentare (che si pone sulla media sotto l’1% rispetto all’anno precedente). Ecco perché l’olio extravergine d’oliva viene oggi chiamato oro verde.
Secondo l’ONF, l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, il prezzo di un litro di extravergine d’oliva è aumentato mediamente del +20% rispetto all’anno scorso. E si registrano dei picchi di oltre il 50%. Se si prendono in considerazione i prezzi del 2021, l’aumento medio è addirittura del +52%. Diventa dunque fondamentale interrogarsi sulle cause che hanno portato a simili prezzi (la media per un litro, nel 2024 è superiore agli 11 euro).
I produttori lamentano stagioni pessime per la raccolta e chiamano in causa le condizioni climatiche avverse (basse precipitazioni e alte temperature). Secondo i dati comunicati dalle associazioni di ovicoltori, la produzione di olive in Italia, nel 2024, si sarebbe ridotta fino al 50%.
Malgrado la riduzione della produzione, le condizioni climatiche hanno favorito la produzione di un olio di alta qualità: per la prima volta, dopo tanti anni, nessuno ha per esempio denunciato infestazioni da bactocera oleae, cioè la mosca dell’olivo (che può aumentare l’acidità libera e ridurre la qualità dell’olio). L’aumento di qualità, insieme al calo produttivo, ha contribuito all’aumento dei prezzi, specialmente per le produzioni non industriali.
L’altro fatto che di certo incede sul rialzo dei prezzi è la speculazione. C’è sempre chi cerca di massimizzare i propri profitti in un mercato caratterizzato da una disponibilità limitata del prodotto e da una domanda elevata. Con chi prendersela? Innanzitutto con i grandi gruppi d’acquisto, che sanno come fare per influenzare i prezzi attraverso le loro politiche commerciali e, ovviamente, le loro strategie di compravendita. Poi bisogna menzionare ogni attore della filiera, dai produttori agli imbottigliatori, dai distributori ai venditori finali. Già dal frantoio, il prezzo può essere gonfiato. E lo stesso accade con grossisti e imbottigliatori.
E poi c’è il rischio sempre più sviluppato e pressante di sofisticazione del prodotto. L’aumento dei prezzi ha di certo già incentivato pratiche illegali come l’allungamento dell’olio nazionale con oli di minore qualità (nordafricani, turchi, eccetera) o con olio dell’annata passata. Ed è così che si riduce la qualità dell’olio e si ingannano i consumatori.
Anche altri tipi di olio hanno registrato aumenti significativi nel prezzo, specie dopo il 2022, a causa del blocco di alcune esportazioni. Per dire: l’olio di arachidi, che oggi costa circa 3,80 euro in media al litro è aumentato del 90% rispetto al 2001. Quello di semi di mais ha visto un aumento del +107% rispetto allo stesso anno.
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