Austerity: la solitudine della Germania nel mondo. Wall Street Journal

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Luglio 2013 - 11:29 OLTRE 6 MESI FA
Austerity: la solitudine della Germania nel mondo. Wall Street Journal

Austerity: la solitudine della Germania nel mondo. Wall Street Journal

ROMA – Austerity: la solitudine della Germania nel mondo. Wall Street Journal. La politica di austerità tedesca ormai ha i suoi estimatori ormai solo in Germania, dove fino alle elezioni di settembre nessuno oserà metterla in discussione: la quasi piena occupazione, il bilancio vicino al pareggio e il debito pubblico che è sceso ancora sul pil nell’ultimo trimestre, sono vivamente sconsigliati cambi di strategia economica. Fuori dai confini tedeschi nessun altro condivide la ricetta: l’approccio rigorista e l’ossessione per gli obiettivi sul debito hanno fallito, le nazioni sottoposte alla cura sperimentano sulla loro pelle gli effetti dell’aumento delle tasse e dei tagli alla spesa pubblica. Il debito pubblico dei paesi del sud Europa è cresciuto (anche quello italiano e con il deficit strutturalmente sotto controllo), perché la cura nel frattempo li ha sprofondati nella recessione con il crollo delle entrate, deprimendo sempre più il denominatore stanco e cioè il Pil.

Brian Blackstone del Wall Street Journal del 22 luglio dà conto dell’ultimo grande vertice internazionale, il summit del G20 a Mosca (aperto alle nazioni emergenti) per sottolineare l’isolamento della Germania sulla politica economica, a dispetto dell’ennesimo tentativo dei suoi esponenti di guadagnare consensi alla causa dell’austerity. “L’idea che i tedeschi siano supportati addirittura dagli altri europei è già abbastanza fantasioso, che gli americani siano al loro fianco per raggiungere gli obiettivi sul debito è inverosimile” dice Simon Tilford del Centre for European Reform in London.

Gli americani. Il WSJ ha gioco facile nel ricordare come la ricetta Usa per superare la crisi del 2008 sia sta diametralmente opposta a quella tedesca imposta all’Europa e con risultati di gran lunga più soddisfacenti. Taglio delle tasse e spinta alla spesa pubblica: una successione di sforamenti di deficit sopra il trilione di dollari ha però consentito un recupero, sia pur modesto dell’economia, e quest’anno un incremento delle tasse e i tagli automatici alla spesa pubblica hanno rimesso i conti in ordine, comunque contenuto il debito sotto il trilione.

La conclusione, cui non pervengono i tedeschi i quali però reggono i cordoni della borsa, è che non si taglia la spesa e non si aumentano le tasse se l’economia non si espande, queste misure sono recessive. L’Europa a trazione tedesca ha imboccato la retromarcia di una contrazione progressiva delle sue economie eccetto quella tedesca. Ha preso per buone teorie economiche fallaci (gli studi di Reinhart e Rogoff) secondo cui un debito pubblico oltre certe soglie inibisce le attività produttive. Un sempre più voluminoso corpo di studi accademici chiarisce come siano stati regolarmente sottostimati gli effetti recessivi delle politiche d’austerity in tempi di crisi. Lo ripeteva l’altro giorno il Nobel Paul Krugman: errare è umano, perseverare…