ROMA – Banche, stress test: cosa succede a istituti e clienti se la Bce le boccia. I risultati delle pagelle Bce sugli stress test ordinati agli istituti di credito europei saranno divulgati non prima del 26 ottobre, ma circolano insistenti, nonostante smentite e precisazioni da Francoforte, diverse indiscrezioni che annunciano la possibile bocciatura di 11 banche, tra cui tre italiane (Mps, Popolare di Milano e Banco Popolare). Con l’ausilio del Sole 24 Ore proviamo ad affrontare lo scenario più pessimistico, il fallimento degli stress test, cercando di capire quali potrebbero essere le conseguenze pratiche per le banche stesse (governance, titoli, obbligazioni) e i clienti (rischi, tassi di interesse).
In cosa consistono gli stress test. Il termine tecnico è “comprehensive assessment” e comprende due prove. La prima, Aqr (asset quality review) riguarda gli attivi di bilancio, la verifica cioè della qualità dei crediti per vedere quanti siano quelli deteriorati o quelli del tutto inesigibili. L’altra prova consiste nel mettere le banche sotto sforzo, cioè simulare uno schock finanziario per vedere come quella banca regge l’urto: “le banche vengono bocciate se il common equity tier 1 ratio (il parametro patrimoniale più utilizzato per valutare la solidità di una banca) risulterà inferiore all’8% nell’ipotesi di uno scenario normale o inferiore al 5,5% in caso di scenari stressati” (Vito Lops, Il Sole 24 Ore). Gli stress test si applicano ai bilanci delle banche fino al 31 dicembre 2013.
Primo scenario. La banca non regge allo schock simulato, la Bce boccia ma valuta se nel 2014 non siano stati fatti aumenti di capitale (come Mps per esempio). Se sì non viene imposto nessun rafforzamento patrimoniale.
Secondo scenario. Gli eventuali aumenti di capitale del 2014 non sono sufficienti a coprire la carenza documentata. La banca ha 15 giorni di tempo per un nuovo piano di rientro e dai 6 ai 9 mesi per mettersi in regola.
Terzo scenario. L’accantonamento non è sufficiente. La banca deve cedere un asset patrimoniale, le quotazioni di titoli e obbligazioni subiscono tensioni sul mercato azionario.
Quarto scenario, non c’è alternativa all’aumento di capitale. E’ lo scenario più negativo: il titolo cala in Borsa, aumenta il costo della raccolta di credito che si ripercuote anche sui tassi delle obbligazioni emesse. Seguono il downgrading cioè voti più bassi delle agenzie di rating (tip Standard & Poor’s): il titolo è considerato più a rischio rispetto alla sua solvibilità, alimentando il circolo vizioso del costo della raccolta credito e dei tassi.
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