ROMA – Banche, chi rompa paga, chi investe rischia. Cipro modello o caso unico? Il caso Cipro costituisce un precedente: la sua risoluzione può costituire addirittura un modello per tutta l’Europa? Un modello dove i privati, dagli azionisti agli obbligazionisti fino ai correntisti sopra i 100 mila euro delle banca cipriota trasformata in bad bank, subiranno perdite fino al 40% per consentire alla good bank di sopravvivere e raccogliere in questo modo 5,8 miliardi di euro. Cui è subordinato il prestito da 9 miliardi di euro attraverso il fondo salva stati Esm (l’Fmi ci mette un altro miliardo).
Il piano di salvataggio del sistema bancario cipriota prevede che a farsi carico della ristrutturazione, prima della mano pubblica dello Stato, siano i creditori delle banche, il settore privato, cioè correntisti sopra i 100 mila euro, obbligazionisti e azionisti. E’ la nuova filosofia che si impone grazie al supporto dei rigoristi del nord, che in prima fila schierano Jeroen Dijsselbloem, ministro delle finanze olandese e leader dell’Eurogruppo (intervistato da Reuters e Financial Times): “Se vogliamo un settore finanziario sano l’unico modo è dire che chi ha assunto dei rischi deve gestirli, e se non ci riesce non doveva assumerli”.
Da piccoli, per problemi infinitamente più trascurabili, ci ammonivano del fatto che “chi rompe paga e i cocci sono i suoi”. Un punto di vista diametralmente opposto rispetto alla necessaria mutualità che comporta l’integrazione fra nazioni che hanno scelto la stessa valuta, anche per evitare rischi sistemici, contagi pericolosi. Il punto di vista “rigorista” di Dijsselbloem non è una novità emersa da poco, un precedente in questo senso è rintracciabile nelle condizioni di salvataggio della banca olandese Sns Reeal Bank, dove a pagare sono stati i depositanti.
Ieri Dijsselbloem si è reso responsabile di una clamorosa gaffe, cui è dovuta seguire una tempestiva correzione perché le Borse stavano precipitando: “questo salvataggio di Cipro sarà un modello per affrontare tali emergenze”. Questo il senso delle frasi buttate lì senza contezza delle conseguenze: “un caso unico” quello di Cipro, si sono affrettati a smentire portavoce e funzionari. E, è notizia di questa mattina, anche la Bce ha preso le distanze da quelle dichiarazioni con una severa reprimenda affidata a Benoit Coeure, membro del Comitato Esecutivo dell’Eurotower e governatore della Banca centrale di Francia, in un’intervista alla radio Europe 1: “Dijsselbloem ha sbagliato a dire quello che ha detto. L’esperienza di Cipro non è un modello per il resto dell’Eurozona perché la situazione aveva raggiunto un livello incomparabile a qualsiasi altro Paese”
“Mr. Euro pesi le parole”, riferito a Dijsselbloem, suggerisce il Sole 24 Ore invitando il ministro olandese a partecipare almeno a un corso base di comunicazione. Qual è l’errore, dov’è la superficialità? Dijsselbloem ha detto ai mercati esattamente ciò che i mercati non volevano sentirsi dire con il rischio di una fuga immotivata di capitali dalle banche europee con difficoltà di capitalizzazione o in fase di ristrutturazione. E poi che modello sarebbe questo di Cipro?
“Un piano rabberciato, soltanto marginalmente migliore del primo goffo tentativo – da lui stesso comunicato il 16 marzo – dove addirittura si volevano tassare tutti i depositi ciprioti, anche quelli inferiori ai 100 mila euro? Se fosse passato al Parlamento di Nicosia anche quello, secondo il Grande Comunicatore dell’Eurozona, sarebbe stato un ‘modello’?” (Il Sole 24 Ore, 26 marzo).
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