ROMA – Ci risiamo, grandi banche incorreggibili, manipolazioni e scandali non finiscono. Barclays, l’istituto di credito più grande del mondo, truccava il mercato inglese dei tassi di interesse (Libor), quello che si applica sui prestiti e sui mutui alle famiglie, per tutelare reputazione e rating della banca e continuare come se niente fosse a moltiplicare gli utili dei traders. Attraversato l’Atlantico la musica non cambia: non saranno solo di due miliardi o poco più, come annunciato dalla società, ma potrebbero più che quadruplicare le perdite di JP Morgan sui derivati.
E’ l’eredità del buco creato dal trader francese: 9 miliardi di dollari, una mezza finanziaria di un paese di medie dimensioni, in piena crisi finanziaria dell’area euro. Ci siamo già scordati di Lehman Brothers? La finanza anglosassone, in piena crisi di credibilità, avrebbe dovuto dotarsi di nuovi e severi strumenti di controllo, di un chiaro sistema di repressione di peccati che, nonostante abbiano messo in ginocchio l’economia mondiale, non sono ancora diventati fattispecie di reato.
L’ex ceo di Barclays Bank Martin Taylor non si è lasciato sfuggire l’occasione per sparare a zero sull’attuale numero 1 Bob Diamond, descrivendo con rara efficacia la situazione: disonestà, incompetenza follia. Con la “disonestà elevata a sistema”. A Diamond saranno fischiate le orecchie, ma intanto ha dovuto rinunciare al milionario bonus del 2012, dopo che era riuscito a conservarlo nonostante il parere contrario degli azionisti. Ma del clamoroso maquillage ai tassi di interesse, nessuno per ora è il responsabile.
La banca se la cava con una multa da 450 milioni di dollari, mentre il titolo è precipitato di un buon 15%. Il premier inglese Cameron, per una volta insolitamente duro con le banche, adesso invoca revisioni legislative e l’introduzione di strumenti giuridici per dare rilevanza penale ai misfatti e ai trucchi contabili. Trucchi, comportamenti fraudolenti, accoppiamenti poco giudiziosi fra regolatori regolati, durano da 4 anni. Il Libor regola scambi per migliaia di miliardi di dollari, si attendono nuove rivelazioni, altri scandali.
Nel frattempo vedremo se la puntata di James Dimon, da non confondere con Diamond, il ceo di JP Morgan, è stata presa sulla scorta di bugie e artifici o davvero la banca assicurerà davvero un trimestre “solidamente redditizio”. Lo appureremo il 13 luglio prossimo. Lui ci crede, come crede, incurante della realtà sotto gli occhi di tutti, che più stringenti regolamentazioni agli eccessi e ai vizi strutturali della finanza, non sono necessarie e addirittura controproducenti. Errare è umano, perseverare è diabolico. Dimon, demon, siamo lì.