Bce. “Mario Draghi sarebbe un presidente perfetto. Ma è italiano”

ROMA – Il Financial Times rilancia la candidatura di Mario Draghi alla guida della Bce e la Germania, dopo le dimissioni di Alex Weber dalla Bundesbank, riconosce che la scelta ”non è una questione di passaporto”. Tuttavia, non esclude di formulare un altro nome tedesco e detta le condizioni per un candidato alternativo, improntate al rispetto della linea intransigente di lotta all’inflazione. Dopo il sostegno esplicito del governo italiano nei giorni scorsi (attraverso le parole dei ministri Tremonti e Frattini) e del sistema finanziario (”siamo tutti con Draghi”, dice l’ad di Intesa Corrado Passera), per il governatore della Banca d’Italia il quotidiano britannico ha speso parole di elogio sin dal titolo: ”La Bce ha bisogno di Draghi”.

Fra i candidati, spiega l’Ft, ”ce n’è uno, e purtroppo solo uno, che soddisfa una serie minimamente sufficiente dei criteri’ adatti: deve essere ‘un banchiere centrale di esperienza e con una profonda conoscenza dell’economia finanziaria e monetaria e del sistema finanziario; capace di forgiare il consenso in un consiglio difficile e spesso diviso; capace di presentare questo consenso al mondo esterno; in grado di tenere testa a leader politici di peso come il presidente francese e il cancelliere tedesco; e che sia credibile al mondo esterno, compresi gli investitori globali”.

Un identikit su cui concorda anche l’International Herald Tribune, secondo cui però ”Draghi sembra anche avere scarse possibilità di essere scelto, per ragioni che dicono molto su come verrà condotta questa ricerca di un posto di alto livello”. Per il quotidiano la scelta è ”impantanata in manovre politiche” e Draghi ”ha un problema: è italiano”. Vitor Constancio, il vicepresidente, è portoghese. Secondo la logica dell’Unione europea, se il vicepresidente viene dall’Europa del sud, il presidente deve essere del nord. Mentre il quotidiano tedesco Handelsblatte è stato piu’ esplicito nel definire i rapporti di forza, affermando che ”le chiavi della presidenza Bce sono a Berlino, ma la serratura è a Parigi”.

E oggi (lunedì 14 febbraio) il portavoce del governo tedesco ha riconosciuto che la scelta del candidato di Trichet ”non è una questione di passaporto”, anche se l’abbandono di Weber ha indebolito le posizioni di Berlino che purtuttavia vuole comunque far sentire il suo peso. Secondo il governo tedesco, la cosa principale rispetto al successore di Trichet ”è che dovrebbe condividere le convinzioni di una valuta stabile, e ciò che si deve fare per mantenerla, e della lotta all’inflazione”. I due candidati nazionali alternativi a Weber, infatti, Klaus Regling (capo del fondo Salva Stati) e Jurgen Stark (il capo economista della Bce) presentano dei limiti, e la Merkel potrebbe così puntare sul lussemburghese Yves Mersch o sul finladese Erkki Liikanen, considerati ‘affini’ alla linea della Germania. I governi dei due Paesi oggi hanno frenato le voci, ribadendo come nulla sia stato ancora deciso. Intanto l’Eurogruppo ha dato il via all’ingresso del belga Peter Praet nel board della Bce, per rimpiazzare il posto lasciato dall’austriaca Geltrude Tumpel-Gugerell.

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