La benzina sfonda quota due euro: peggio che nella crisi del 1977

ROMA – Era prevedibile, ce l’aspettavamo ma fa comunque impressione: la benzina ha sfondato quota due euro al litro. A vantare l’amaro record, 2,01, è l’area di servizio Conero Est sul tratto marchigiano della A14: poco distante, un altro distributore Shell vende il carburante a un euro e novecentonavantasei millesimi. E’ il tratto autostradale più caro d’Italia, con la verde a due euro e il gasolio a 1,85 centesimi: in molti escono e rientrano dall’autostrada per fare il pieno. Ieri mattina l’Eni ha ulteriormente aumentato i prezzi raccomandati di benzina e diesel di 0,5 centesimi. Ritocchi anche per Esso, Shell, Tamoil, TotalErg.  Le medie ponderate nazionali dei prezzi salgono per la benzina a 1,864 euro (+0,4 centesimi) e a 1,776 per il gasolio (+0,5 cent). Stabili le medie nazionali del Gpl Eni (0,874 euro) e del metano (0,952 euro/kg). Rialzo più consistente per TotalErg: +1,5 centesimi la verde (1,876) +1 centesimo il diesel a 1,787.

Due euro è una soglia critica durissima da accettare, forse il Governo Monti sta trascurando gli effetti dell’impatto psicologico sul cittadino/consumatore: il consenso ancora oggi accordato all’esecutivo tecnico gli italiani, a questo punto appiedati, lo revocherebbero in men che non si dica. Il Sole 24 Ore, riportando i prezzi a valori attualizzati, calcola che il muro dei due euro non è stato infranto nemmeno nel 1977 ai tempi della grande crisi petrolifera, degli sceicchi che affossavano le economie avanzate riempiendosi di petrodollari. All’epoca il concetto di austerity dominava il contesto sociale nazionale, le domeniche a piedi erano la regola. Ma la benzina costava 1,84 euro al litro in termini nominali, tenuto conto dell’inflazione e con tutte le attualizzazioni del caso.

Ma oggi a chi dobbiamo attribuire la responsabilità di questa corsa senza freni di verde e diesel? Le Marche sono un buon test, anche se per fortuna poco rappresentativo. Nel senso che il problema principale sono le tasse, le accise, ma questa regione sconta anche l’addizionale più alta sul prezzo della benzina. Qui pesa per 7,58 centesimi per litro che con l’Iva al 21% diventano 9,17 centesimi. Seguono Toscana e Liguria con 6,05, l’Umbria con 4,84 centesimi, mentre le altre regioni si attestano a 3,12 centesimi. Pesano soprattutto le alluvioni a determinare l’aggravio sulle accise regionali.

Comunque la fiscalità in Italia è molto pesante, la più alta d’Europa e incide per il 56% sul prezzo finale della benzina. Al netto delle addizionali regionali, altrimenti può arrivare a pesare fino al 70%. In più va considerato la valuta, con l’euro più debole rispetto al dollaro e il prezzo del barile in aumento. Fra l’altro è probabile una riduzione dell’export iraniano di circa un milione di barili al giorno, per cui altre tensioni sui prezzi non dovrebbero mancare. All’aumento dei prezzi segue di riflesso la frenata nei consumi: per febbraio si prevedono contrazioni della domanda fino al 20%.

Meno consumi e più illegalità: in Sicilia c’è stato un boom di impianti di distribuzione carburanti illegali, al nero, spesso gestiti da pregiudicati come quello scoperto dalla Polizia Tributaria di Palermo. A marzo 2011 aveva venduto in nero 55 mila litri di gasolio per 65 mila euro di ricavi: vendeva il gasolio a 1,10 euro al litro, quasi la metà del prezzo regolare. I clienti sono stati denunciati per ricettazione.

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