Berlusconi, Bossi, Casini e Pd: qui finisce a tasse e spesa

Qui finisce a tasse e a spesa, più imposte locali e più spesa pubblica nazionale. I Comuni e il federalismo fiscale: in Parlamento stanno scoprendo l’acqua calda e cioè che se i Comuni incassano, ai Comuni vanno i soldi di alcune tasse che già ci sono, quelle sulla casa o sui servizi pubblici ad esempio, alcuni Comuni, quelli delle zone dove c’è maggior ricchezza, reddito e attività economica ci vanno a guadagnare rispetto ad oggi. Altri Comuni invece ci rimettono. E’ il principio, il motivo per cui il federalismo si fa: legare la riscossione delle tasse alla responsabilità di governo. Chi ci rimette dovrebbe in parte essere “indennizato” da un fondo nazionale e in parte imparare a spendere meno e meglio. Questo è, anzi sarebbe il federalismo, diciamo pure il bello del federalismo fiscale. Ma i Comuni, tutti insieme, si sono fatti i conti e tutti insieme chiedono di più allo Stato centrale per diventare federalisti, all’italiana. E la Lega ha fretta di averlo il federalismo. E l’opposizione, per farlo passare, chiede più soldi per i Comuni: una tassa sul turismo dove si può, un’aliquota sulla cedolare secca per gli affitti non più dl 20 per cento ma del 23/24 per cento. Insomma sta passando l’idea che per farlo passare il federalismo, di governo o di opposizione che sia, una tassa, due tasse val bene l’impresa. Se la vedranno poi Regioni, Comuni e Province con i rispettivi cittadini ammnistrati. Anzi non proprio perché i governi locali diventano la cassa dove finiscono i soldi delle tasse ma non diventano il centro responsabile della spesa. Se spendono di più di quel che incassano, battono cassa al governo centrale o al portafoglio privato.

La maggioranza che si allarga e il governo che dura. Berlusconi assicura che entro gennaio avrà almeno dieci parlamentari in più dalla sua parte. Ma l’allargamento costa: i nuovi arrivi, in gran parte parlamentari del Sud, vogliono fondi da presentare ai loro elettori. E per “oliare” il passaggio delle leggi di governo in Commissione, occorre aprire la borsa in modo che qualcuno possa dire: “Ho portato i soldi per…”. Un conto approssimativo lo hanno fatto al Tesoro, casa Tremonti: il decreto Milleproroghe sta per caricarsi di un altro miliardo di spesa pubblica. Se la maggioranza si allarga, è questo il prezzo. Se poi ad allargarsi è il governo, all’Udc come vuole e propone Berlusconi, la condizione è il quoziente fiscale familiare. L’Udc ha fatto sapere che si accontenta di un quoziente introdotto Regione per Regione, per via di decreto federale magari. Far pagare meno tasse alle famiglie numerose: costo circa dieci miliardi. A debito pubblico non si può più, quindi come si pagano questi dieci miliardi? Berlusconi vuole una risposta da Tremonti, Tremonti una risposta non ce l’ha, il Vaticano aspetta paziente ma tamburellando con le dita sul tavolo.

Bossi e la Lega che vogliono il federalismo nero su bianco entro il 23 gennaio, Berlusconi che vuole altri dieci parlamentari almeno entro la stessa data, il Pd che vuole più soldi per i Comuni, l’Udc che vuole il quoziente familiare e Berlusconi che vuole se non l’alleanza almeno la non belligeranza dell’Udc. Qui finisce a tasse e a spesa. Ma saranno federali e sociali, mica le solite tasse e la solita spesa.

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