Bonus, perché il 90% Meloni è meglio del 110% Conte Bonus, perché il 90% Meloni è meglio del 110% Conte

Bonus, perché il 90% Meloni è meglio del 110% Conte

Può il 90 per cento essere più del 110 per cento? Sì, se quel più si riferisce, conteggia e calcola equità sociale, sostenibilità finanziaria e perfino eticità nell’uso del denaro pubblico. La riduzione del Bonus detto Super dal 110 per cento al 90 per cento effettuata dal governo Meloni è quindi cosa buona e giusta, non nonostante tagli la percentuale del rimborso fiscale ma proprio perché tale taglio effettua. Senza dire che, nonostante (stavolta ci vuole) sia fatto da un governo di destra (molta) centro (poco), il nuovo regime dei bonus edilizi è molto più “socialmente utile” di quanto non lo sia stato il Super Bonus bandiera M5S con Pd che faceva l’asta su cui Conte innalzava e innalza il vessillo del progressismo della spesa pubblica (l’atro era ed è il reddito di cittadinanza).

Niente conto, paga lo Stato

Il primo effetto (alla prova dei fatti mostruoso) del rimborsare in via fiscale il 110 per cento di quanto si spende per i lavori edilizi è stato quello di deresponsabilizzare il committente dei lavori padrone di casa rispetto a preventivi, costi, prezzi. Paga lo Stato, quindi chi commissiona i lavori non fa una piega, se addirittura non collabora, di fronte a costi e prezzi gonfiati dalle imprese che fanno i lavori. Un circolo viziosissimo (al netto dei circa 5 miliardi truffati allo Stato) che ha iper gonfiato i rimborsi fiscali fino alla cifra monstre di 60 e passa miliardi. Ne erano stati stanziati circa la metà, ci sono circa 38 miliardi di buco da pagare. Buco scavato nella finanza pubblica dalle aziende e dai committenti: io gonfio, tu taci, che ti frega, tanto paga lo Stato…

La moneta dei crediti

Il secondo effetto (alla prova dei fatti tossico o quasi) del rimborsare per via fiscale il 110 per cento di quanto si spende per lavori edilizi è stato quello di creare una sorta di moneta parallela: i crediti fiscali appunto. Il committente dei lavori li cede all’azienda che i lavori li, l’azienda li cede alle banche o anche a istituti finanziari e ancora e per un lungo tratto le cessioni potevano essere multiple e praticamente ad ogni indirizzo. Quindi i crediti erano e sono diventati una moneta parallela. Alla fine una sorta di catena di Sant’Antonio il cui valore passaggio per passaggio declinava sia nella percentuale sia nella effettiva liquidità. Peraltro percepita questa “moneta” come diritto acquisito. Col 110 per cento si è messo in piedi, al di là delle intenzioni, una sorta di piramide di Madoff: si creava moneta con sottostante credito fiscale, la si creava nella certezza della sua liquidità immediata. Liquidità che non c’era immediata perché impossibile ci fosse, quindi piramide che frana alla base tanto più cresce in altezza.

Rifarsi la casa al mare…

Dati alla mano, ad avvalersi del 110 per cento dei costi rimborsati dallo Stato sono stati in maggioranza i percettori di redditi medio alti. Questo quando si trattava della ristrutturazione/riqualificazione energetica della seconda casa o della casa al mare, in campagna, in montagna…Avevano bisogno di questo maxi rimborso p non era è più saggio e anche giusto mantenere la logica da decenni in tutti i bonus edilizi, e cioè quella del rimborso fiscale di parte delle spese, e cioè lo Stato ti incentiva ma non paga tutto e anzi più di tutto?

La cresta di popolo sui lavori

Il Bonus alla Meloni, quello al 90 per cento delle spese e solo per la prima casa è più equo e responsabile, socialmente responsabile, e perfino eticamente più diritto di quanto non fosse, non sia abbondantemente già stato, il Bonus alla Conte. Il 110 per cento era ed è una cuccagna fuorviante, eticamente fuorviante, una cambiale che lo Stato firmava in bianco, una pedagogia sociale che cantava “e sempre sia lodato quel fesso che ha pagato”. E a coloro che osservano: però i 65 miliardi di denaro pubblico messi in giro nelle tasche di non pochi italiani son finiti, qualcuno ci ha guadagnato, ci ha lavorato…Ci sarebbe mancato altro che 65 miliardi di spesa pubblica non avessero mosso un po’ di economia. Pessima economia e pessima spesa: 70 miliardi è quello che l’Italia spende per l’istruzione pubblica. li abbiamo spesi per rifarci casa e soprattutto per farci sui lavori la cresta, cresta di popolo.

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