ROMA – Borse mondiali, sospiro di sollievo a metà dopo il week end e lunedì neri: ma il tentativo di rimbalzo avviato in Piazza Affari dopo il tonfo di ieri scatenato dalle vendite sulle banche, è stato frustrato da estrema volatilità che infine si è risolta con l’azzeramento dei rialzi e la sospensione dei bancari in eccesso di vendite.
Milano: titoli 6 banche sospesi. Piazza Affari azzera i rialzi dell’avvio mentre continua ad aumentare il numero delle banche in asta di volatilità. Il Ftse Mib, dopo aver toccato un rialzo massimo del 2,57%, cede lo 0,05%. Sono sei gli istituti congelati: Banco Popolare, che segna un ribasso teorico dell’8,37%, Mps (-7,25%), Bper (-5,23%), Unicredit (-5,33%), Bpm (-3,61%) e Ubi Banca.
Asia calma. Seduta positiva per le borse asiatiche nonostante il dato sul pil cinese, cresciuto nel 2015 alla velocità più bassa degli ultimi 25 anni. In luce i listini di Shanghai (+3,2%, sopra quota 3 mila punti) e Shenzhen (+3,6%) sulla scommessa che la frenata dell’economia spingerà il governo a varare nuove misure di stimolo.
Pil Cina ai minimi (6,9%) ma in linea con le previsioni. La crescita economica della Cina scende al 6,8% nell’ultimo trimestre del 2015 con l’indebolimento del commercio e dei consumi, trascinando la crescita annuale al livello più basso in 25 anni (+6,9%). Le principali borse asiatiche non hanno tuttavia risposto con nervosismo stamattina ai dati, registrando lievi guadagni in una giornata complessivamente poco mossa.
La crescita cinese è diminuita costantemente nel corso degli ultimi cinque anni, con il Partito comunista che cerca di prendere le distanze da un modello logoro basato su investimenti e commercio, per indirizzarsi verso una crescita auto sostenuta trainata dai consumi e i servizi interni. Il rallentamento cinese e un crollo dei prezzi sul listino di Shanghai hanno fatto crescere le preoccupazioni per la perdita di sostegno da parte di un’economia vista una volta come motore della crescita globale, deprimendo i mercati finanziari internazionali.
La crescita annuale della Cina è scesa al 6,9%, secondo i dati resi noti oggi dal governo: il livello più basso dal 3,8% del 1990, su cui pesarono le sanzioni inflitte a Pechino dopo la repressione a Piazza Tiananmen del movimento per la democrazia. Il dato ottobre-dicembre è stata la crescita trimestrale più bassa dalle conseguenze della crisi finanziaria globale, quando l’espansione dell’economia si accasciò al 6,1% nel primo trimestre 2009 (la crescita del trimestre luglio-settembre 2009 fu del 6,9%).