MILANO – L’Italia è stretta in una tenaglia: da una parte gli investitori stranieri che oltre un anno fuggono dai nostri titoli di Stato, dall’altra il “mercato”, le banche centrali, che preferiscono buttarsi in investimenti “a perdere” come i bond dei paesi del Nord Europa, quelli con la “tripla A” di rating, titoli in cui investi 1000 euro oggi per ottenerne 990 sicuri fra sei mesi. Mentre noi per rifinanziarci dobbiamo offrire rendimenti del 3% a 12 mesi, di quasi il 5% a due anni e di oltre il 6% a dieci anni.
La crudele spiegazione di queste scelte sta nel fatto che gli investitori preferiscono comprare un titolo che non rende (anzi ripaga meno di quanto investito) ma che fra sei mesi/un anno offre la certezza di ripagare in euro, piuttosto che un bond che offre alti rendimenti ma che potrebbe – in caso di default o uscita dall’euro – ripagare in lire o in pesetas. Il mercato sta “espellendo” noi e gli spagnoli e per reazione stiamo diventando giocoforza “autarchici”.
Nel 2006 gli stranieri, o meglio i non residenti in Italia detenevano oltre il 50% del nostro debito pubblico. Questa percentuale è scesa vertiginosamente nell’ultimo anno e a maggio 2012 i non residenti possedevano solo il 37% del nostro debito, ovvero 510 miliardi di euro di titoli di stato su 1.966 miliardi di debito pubblico complessivo. Solo a luglio 2011 i titoli in mano “straniera” erano 829 miliardi. A marzo 2012 erano crollati a 684 miliardi. Un’emorragia che è stata quantificata da “Repubblica” in 600 milioni di euro in meno al giorno.
Fare “shopping” in Italia non interessa alla finanza e non fa gola nemmeno agli imprenditori: dall’inizio dell’anno, acquisizione di Valentino da parte dello sceicco del Qatar inclusa, sono stati spesi solo 2,9 miliardi di euro per comprare o investire in aziende italiane.
L’unica differenza fra noi e gli spagnoli è che negli ultimi 12 mesi i soldi depositati nelle nostre banche sono cresciuti del 2,1%, mentre dalle spagnole sono “fuggiti” 100 miliardi. Nello stesso periodo gli istituti di credito in Germania hanno raccolto il 4,4% in più di depositi. Invece le banche greche hanno assistito impotenti alla fuga di 80 miliardi in tre anni, quasi un terzo dei depositi complessivi.
Come fare? Non induce all’ottimismo quello che è successo dopo la maxi iniezione di liquidità decisa dalla Bce: i mille miliardi pompati a inizio 2012 all’1% di interesse nel sistema creditizio europeo per scongiurare il “credit crunch” non sono stati usati per concedere prestiti a famiglie e imprese. Le banche centrali o private, spaventate dalle ipotesi di default, hanno cercato un rifugio sicuro per quella massa di liquidità, trovandolo nei bond di Germania, Finlandia, Olanda, Austria, Belgio.
Mentre le banche italiane e spagnole, “autarchiche” per forza, hanno investito nei propri titoli di Stato rispettivamente 80 miliardi su 248 presi in prestito dalla Bce e 96 miliardi su 276.
Ed eccoci qua. Dopo una politica sanguinosa di tagli e tasse, abbiamo un avanzo di bilancio nonostante la recessione in atto. Ma nonostante la nostra “solvibilità”, la nostra capacità di restituire i soldi prestati, non diamo nessuna fiducia ai mercati, che preferiscono comprare a bassissimi tassi di rendimento titoli di Paesi super indebitati come Usa, Giappone e Gran Bretagna. Colpa dell’euro che non ci protegge e ci zavorra, avendo allo stesso tempo un rigido sistema di vincoli di bilancio senza un sistema di protezione centrale: il fondo Salva Stati non è mai entrato a pieno regime.
Ma se non lo farà il fondo Salva Stati, chi si comprerà i circa 600 miliardi di Bot o Btp che dobbiamo piazzare sul mercato nei prossimi 18 mesi? Il mercato che ci ha “espulsi” o le banche che preferiscono regalare i soldi ai tedeschi piuttosto che “venderli” a noi?
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