ROMA – BoT-BTp, tassi minimi. Draghi: “Acquisti delle banche non limitano il credito”. Il Tesoro ha assegnato tutti i 3 miliardi di euro di Btp a tre anni, scadenza novembre 2016 con tassi in calo ai minimi da marzo 2010, sotto il 2%, e domanda in rialzo. Il rendimento medio è sceso all’1,79% dal 2,25% dell’asta del mese scorso. La domanda è cresciuta e pari a 1,80 volte l’importo offerto contro 1,41 precedente. Sprazzi di sereno dunque sulla fiducia del sistema finanziario: l’effetto Draghi sui titoli di Stato italiani, dopo la scorpacciata di BoT di ieri si è sentito eccome con i tassi tornati ai minimi storici.
La Banca d’Italia assicura nel frattempo che le banche italiane sono solide e l’economia migliora. I rendimenti dei titoli annuali sono scesi allo 0,688% grazie soprattutto al ritorno degli investitori stranieri, a cominciare dalle banche centrali estere. Si dirà, ma le banche italiane usano il basso costo del denaro concesso dalla Bce per acquistare titoli di Stato ma non fanno il loro mestiere, e cioè prestar soldi a famiglie e imprese.
Non è vero è la risposta da Via Nazionale: il forte aumento degli acquisti di titoli di stato da parte delle banche italiane negli ultimi due anni non è stato la causa della diminuzione dei prestiti all’economia ed è dovuto alla necessità di impiegare i fondi Ltro della Bce in modo da rimborsare le obbligazioni in scadenza. E’ quanto afferma il rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia secondo cui “la correlazione tra gli acquisti e la crescita di impieghi e famiglie è nulla”. La Banca d’Italia osserva come invece le banche e le filiali estere hanno ridotto sia i prestiti che i portafogli di titoli italiani. In pratica, come già osservato dagli esperti e accademici, c’è stato un “fenomeno di rinazionalizzazione dei mercati finanziari dell’area dell’euro” e ciascuna banca ha comprato titoli e erogato prestiti quasi solo ‘in casa’. Inoltre, come ulteriore causa, i rendimenti netti (al netto delle rettifiche) sui prestiti sono crollati a fronte di rendimenti sui titoli di stato sostanzialmente stabili o in lieve crescita.
Il successo del collocamento dei BoT a un anno (a segno l’asta da 6,5 miliardi con rendimenti allo 0,688% ) è il segno che la ha funzionato la mossa Bce di abbassare ulteriormente il costo del denaro al minimo storico (0,25%). Il buon andamento dei titoli, anche grazie alle aspettative di “tapering” della Federal Reserve americana (riduzione in vista delle iniezione di liquidità) che incoraggia gli investitori a cercare rendimenti più remunerativi dei soliti bund tedeschi e treasury americani, ha indotto per esempio Moody’s (agenzia di rating) ad alzare le stime sulla crescita economica italiana. Il problema, o meglio il dilemma, è rappresentato dalle prospettive di tassi di rendimento inferiori al livello di inflazione: in base alle attuali previsioni sul caro-vita nei prossimi anni buona parte dei titoli Ue avrà tassi negativi. Questo significa che gli investitori sono sempre più incentivati ad esporsi ad alti rischi per avere rendimenti, magari scommettendo su junk-bond, ovvero titoli spazzatura ad altissimo rischio. E’ il circolo vizioso della deflazione: gli investitori sono costretti a rischiare troppo anche per titoli in fondo non così remunerativi perché devono pur garantire performance adeguate ai loro clienti. Questo spinge anche verso l’acquisto di titoli di Stato periferici.
In agguato, dietro le buone notizie di una stabilizzazione del quadro macro-economico, c’è una bolla finanziaria che già adesso sta spingendo la ripresa economica che rischia di crollare come un castello di carte in caso di una nuova crisi finanziaria o semplicemente perché presto o tardi i super stimoli monetari delle banche centrali si ridurrann0 o verranno meno. Ma, per tornare dal macro al micro, come si deve comportare un piccolo risparmiatore rispetto ai titoli di Stato italiani visto che le super performance (quanto a rendimenti) dell’ultimo anno saranno un ricordo? A inizio anno, per dire, i BoT a un anno pagavano il doppio rispetto a oggi. Gli analisti sostengono che nel rapporto rischi/rendimenti il debito italiano è tra quelli più invitanti. Stante le prospettive questo è il momento buono per investire, con i titoli a 5 e 10 anni messi meglio di quelli a breve scadenza perché “è auspicabile un ulteriore restringimento dello spread tra Italia e Germania” (Angelo Drusiani, esperto obbligazionario di Banca Albertini, Sole 24 Ore).